martedì 7 luglio 2015

Lauretta

Mi mancherà la possibilità di confrontarmi con te, di raccontarti quello che faccio. Mi manca già, e sono passate solo due settimane. 
È successo che tu non c’eri e io ho conosciuto questa città. Ho conosciuto un ragazzo di Roma e siamo diventati subito amici. Ti ricordi cosa dicevamo dei romani? Dimenticalo, non tutti sono come quelli che abbiamo conosciuto. E mi sono ricordata della gioia che si prova a pedalare senza meta, a stare seduti sul marciapiede a osservare la gente, a ritornare a casa all’alba o quando ti pare, a prendere meno sul serio le cose, di che gioia si prova a condividere un pasto con qualcuno, della bellezza di questa città di immigrati dove tutti fingono perché non possono fare altrimenti, dove tutti hanno paura di rompere gli equilibri. Ho visto un posto dove mettevano drum and bass, i ragazzini che si scontravano per cercare un contatto, ho visto la gentilezza delle persone, un posto dove si ballava fino all’alba e una sconosciuta che mi ha offerto da bere per tutta la sera. Ho visto ragazzi vestiti a pois che ballavano e che si divertivano, pugliesi che suonavano tamburelli e chitarre, incantati dalla voce di Vale, ho visto stranieri che cercavano oggetti smarriti sul prato del parco del Valentino, muniti di torcia e sacco, ho perso il lucchetto della bici, l’ho lasciata nel cortile interno del nostro palazzo e me l’hanno rubata. Ho visto un posto autogestito, in riva al Po, proprio dove abbiamo ascoltato il concerto del trombettista, e sono rimasta senza parole. Sedie rovesciate e stranieri che arrostivano salsicce, ragazzi che dormivano sulle sdraio piegati in due dall'alcol, con le bocche aperte, altri che ballavano Cindy Lauper alla luce del giorno e che salutavano ogni passante, ho visto l’alba tutti i giorni o quasi, un ragazzo che si tuffava nel Po e nuotava a stile libero, i suoi amici lo riprendevano col cellulare e lui, in mutande, emergeva dall’acqua e rideva, rideva bene, tipo Tony quando prende il peyote. Ho visto piazza Vittorio vuota, senza nemmeno una macchina, un bar in cui tutti i camerieri erano gentili e avevano un sacco di storie da raccontare, ho visto il Lindo Ferretti dei poveri che cantava una canzone che si intitolava “La valanga”, una bacinella blu piena di vino e vodka, una chitarra e un’armonica, ricordi? E vita. Davvero, la vita. 

Ho trovato un capo che mi chiede come sto e colleghi siciliani, e i giornali e i telegiornali, e i libri, Rimbaud e Wolff, Carver, Ammaniti, il mio Ammaniti, e Tondelli, Gatti, McCarthy, Bauman, Palahniuk, Wu Ming e Salinger, Bukowski  e la Kristof, Keret e Saunders, milioni di cose che avevo dimenticato, e Auster che non mi piace. Ho visto una casa in collina, bevuto birra polacca, mangiato anguria fresca e parlato d’amore con perfetti sconosciuti, conosciuto i cinesi del bar di Piazza Statuto e visto un trans che discuteva animatamente con un ragazzino di sentimenti, preso un Vodka Lemon alla Bicyclette, io che non bevo cocktail, e c’erano 40 gradi, conosciuto un tipo che sembrava Renato Zero che mi ha chiesto di cantare, giocato a calcio balilla con dei bambini cubani, trovato un bar di fiducia in cui un napoletano e un signore anziano mi raccontano tutto, trovato una rosticceria di fiducia in cui il rollò col wurstel si chiama Rocco, letto un libro di fotografia, iniziato un romanzo, imparato cos’è un fondo comune di investimento e letto il Sole24ore, dormito sul divano con le finestre spalancate e i ragni che mi pendevano sulla testa. 


Adesso sto cercando di imparare a gestire le emozioni, i sentimenti, a dosare quella palla d’amore che tu conosci bene, imparare a dire no a volte, a studiare di nuovo, a comprare solo ciò che è necessario, a vedere le cose dal vivo, e non immaginarle e basta, a vivere un po’ di più, da sola, all’alba. Quando gli altri dormono.

1 commento:

  1. bastava davvero poco, quindi, per iniziare a vivere....

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