venerdì 30 marzo 2012

Carver, 'Una cosa piccola ma buona'

Una cosa piccola ma buona è il titolo di un racconto capolavoro di Carver. 
Ecco il  LINK dove trovate la versione inserita in Cattedrale. Leggetelo.

Ann ordina una torta di compleanno per il figlio. Si reca al centro commerciale, si presenta al pasticciere, sceglie la torta e chiede di ritirarla di lunedì pomeriggio. Il figlio, il lunedì mattina, va a scuola, passeggia con il suo compagno, attraversa la strada e viene investito. Investito da un automobilista che scappa e non si ferma nemmeno. 
Il racconto è incentrato sull'attesa dei genitori del bambino in ospedale. I genitori tornano a casa a giorni alterni solo per fare una doccia. In questi brevi intervalli trascorsi a casa ricevono delle strane telefonate, di notte, chiamate mute, solo 'vi siete scordati di Scotty', il nome del figlio.
Il figlio muore, i genitori tornano a casa. Ancora chiamate, ancora il nome del figlio, ancora qualcuno che riattacca. Ann, la madre, si ricorda della torta e capisce che le telefonate sono del pasticciere. Infuriata, si reca con il marito al centro commerciale, nonostante sia mezzanotte. Ha intenzione di picchiarlo, di sfogare la sua rabbia su di lui. Il pasticciere fa entrare i due ma sussulta non appena riconosce Ann. Lei gli urla contro, lo insulta. Poi scoppia in lacrime e dice che il figlio è morto, quindi può smettere anche di torturarli con le chiamate notturne. Il pasticciere chiude gli occhi, si toglie il grembiule e prende due sedie. Li prega di accomodarsi, li guarda con commozione. 
I due si siedono, con lo sguardo perso nel vuoto, ormai sfiancanti e sgonfi di rabbia, in preda ad un dolore che li aveva lasciati digiuni per giorni. Il pasticciere li prega di mangiare qualcosa, delle paste calde appena sfornate, una tazza di caffè con un po' di panna montata. Dice: 'dovete mangiare per andare avanti. Mangiare è una cosa piccola ma buona in un momento come questo'. I genitori iniziano a mangiare tutto quello che c'è.

Tutto qui. Incredibilmente semplice, privo di una trama articolata, privo di ambientazioni di spessore. Semplicemente piccole cose, piccoli sforzi, piccoli gesti di umanità. 
Carver ha cambiato il modo di scrivere perché scava nei pensieri dei personaggi pur non facendoli esprimere direttamente. Un dettaglio, un colore, un posacenere pieno di cicche o una sala d'attesa di un ospedale diventano modi non solo per descrivere luoghi ma per indicarci tutto il mondo che sta dietro. Ciò che è importante nei suoi racconti è l'immaginazione, il fuori campo, il non detto eppure sottinteso, un po' quello che faceva Hitchcock con il sonoro nei suoi film, lasciando intuire cosa accadeva fuori dalla scena. 
Così, attraverso pochissime azioni e tantissimi dettagli che le costruiscono, il lettore può più che mai cogliere lo stato d'animo dei personaggi, respirando la loro stessa angoscia. 
Leggere Carver è seguire i personaggi nei luoghi in cui si trovano, è vedere le cose alla stessa maniera dei protagonisti, studiare insieme a loro il modo per risolvere i problemi. Per questo un vassoio di paste calde, che può sembrare una magra consolazione, ha per noi un valore enorme, e ci sentiamo risollevati quando il pasticciere prende due sedie per far accomodare i due. Per questo, attraverso un gesto piccolo ma buono, possiamo dormire più tranquilli anche noi, dopo una notte trascorsa in pasticceria, dopo aver pianto le lacrime di una perdita così grande. Si spera quasi che i tre rimangano insieme, facendosi compagnia a vicenda.

giovedì 29 marzo 2012

Il sole di Palermo

Una pesantezza dei corpi che stona con la leggerezza dell'aria. Questa è Palermo.
Via Maqueda, al sole, piazza Pretoria sfavillante, le statue bianche abbagliate dal sole, un poliziotto che chiede informazioni stradali ad un posteggiatore, gli uccelli che parlano tra loro e la gente sotto a sbraitare in un caos che non confonde. Tutti a manifestare davanti al Comune per il puro gusto di stare fuori, a godersi la splendida giornata. Chi passa da lì si ferma incuriosito e di sicuro sarà invitato a prendere un caffè. 

Che città strana, un unico enorme controsenso.
Neri e bianchi che camminano a braccetto, che sanno tutto gli uni degli altri, il pizzo che diventa una questione naturale, si chiede semplicemente col sorriso, non c'è alcun motivo di fare storie. 
Lì a Roma probabilmente starete soffrendo tutti di solitudine e i neri non saranno più felici come un tempo. Qui, invece, ballano sugli autobus al ritmo di musica che proviene dalla loro radio, in filodiffusione sull'autobus. Questa loro allegria mette tutti d'accordo.Che dire, a poco a poco, in mezzo alla spazzatura, si trovano schegge di luce impagabili. 



martedì 20 marzo 2012

Ho paura torero


Così andava e veniva per la casa, ammucchiando cianfrusaglie. E allora si rese conto che non aveva più mobili, solo carabbattole buttate lì, non cambiava nulla se le lasciava dov'erano, ovunque fosse andata avrebbe potuto erigere da capo il suo castello da niente con qualche cassa, degli stracci e molta immaginazione.
(P. Lemebel, Ho paura torero)

E in effetti la mia casa a e viene, e consiste in mucchietti di panni lavati e da lavare, impolverati e ognuno con un odore diverso, qui e lì matite a colorare il tutto e macchie di acrilico a sporcarne la stoffa.




lunedì 19 marzo 2012

Finalmente una giornata a colori

Queste sono le giornate in cui il vedi tutto a colori,
un mare pallido che diventa oceano e barche vecchie che diventano scarpe.
Ci cammini dentro, ti conducono nel posto giusto e non hai bisogno nemmeno di bagnarti i piedi.
Il sale dell'acqua ti serve a insaporire i baci che concedi agli sconosciuti.
Le alghe diventano coriandoli e l'immondizia l'unica scenografia possibile.
Ti volti e il mondo è tuo, e tutti sono consenzienti. 



venerdì 16 marzo 2012

Ventotene

Tremano le gambe a Punta Eolo
Svegliarsi e sbadigliare al sole, sulla spiaggia. Seppellire un gabbiano. Un faro bianco si scorge dalla rampa, nascosto da foglie marroni. Armonia di colori, fa bene al cuore.
Adesso, tra fumi di auto e luci abbaglianti, sento un nodo alla gola.
L'altalena ha smesso di dondolare.
Da qui non si vede la costellazione del Leone e nemmeno la luna ha lo stesso sapore.
Le berte non suonano più. I bambini qui non credono alle sirene.

A voi vorrei assomigliare, a voi che cucinate pesce appena pescato, che avete il volto coperto di rughe, che leggete il cielo e le nuvole e conoscete la vera felicità.
La serenità scolpita in visi troppo giovani per morire in città.

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