venerdì 20 ottobre 2023

Zio Carmelo

 Soprattutto la voce mi rimbomba nella testa, con la sgraziata raucedine di chi ha fumato stecche intere di sigarette per una vita. La voce che esplode in un boato di ospitalità e affetto non appena mi vede. 

"Beella, Lauretta, come stiamo? Ti ho pensato! Vieni che ti faccio vedere una cosa speciale..." 

Era questa la sua accoglienza, tutte le volte. Quando tornavo al Bosco era lui che dovevo incontrare, lui e Donna Rosa. E non so come si fa a spiegare il Bosco se non ci si è mai stati. 

Il Bosco è zio Carmelo, con i suoi esperimenti culinari e la leggerezza della vita da 'comune', il suo orologio con il pallone dei Mondiali del '92, i suoi occhi piccoli e brillanti, attenti a tutto e senza giudizio, una marea di piante coltivate in un pezzo scosceso di terreno acquistato quando dalla Svizzera si trasferì in Italia, trasformato in un luogo incantato pieno di fiori, biblioteche, un teatro, una cantina, altalene, laghetti e tre casette per le sue tre figlie. Carmelo non mi è bastato mai, è per questo che voglio ricordarlo, per non perdere nemmeno un pezzo della magia che mi ha regalato. 

Oltre alle meravigliose giornate dedicate alla Pasquetta, mi sono trovata al Bosco in estati torride piene di lucciole e arte, quando camminavo in strade buie con i mie amici di una vita con la faccia ricoperta di macchie di tempere, senza trucco né maschere, solo avvolta dalla poesia delle parole, della pittura, della musica, della natura. 

Ho mangiato il risotto alla borragine e quello alla provola di zio Carmelo e la pasta fagioli e cozze di Donna Rosa. Ci aveva insegnato a vedercela da soli per lo più, era amorevole e ospitale ma anche fintamente burbero e spesso avvertiva il bisogno dei suoi spazi di libertà. Diceva sempre che il Bosco era un luogo da coltivare e noi di casa Mazzola dovevamo fare di tutto per non farlo morire. "Il Bosco va coltivato", ci diceva...

Carmelo è vita, è un sogno che si realizza il mattino dopo con la costruzione di un teatro a cielo aperto che Casa Mazzola ha contribuito a progettare e ultimare, è un mondo di sapere, di cultura in tutti i campi, è una sfida uno contro tutti a Trivial, è una grappa fatta in casa, un vino bianco e un vino rosso di guarnaccia, è una cornice di edera e un melone bianco dolcissimo, è una brocca di acqua riempita da una sorgente, un cesto di vimini pieno di pomodorini e verdure, è la spesa ragionata tutte le mattine dopo un'attenta conversazione con Rosa sul menu del giorno, è una canottiera azzurra, un paio di gambe bianche magre, "Il nome della rosa" di Umberto Eco, la persona che mi ha dato i consigli giusti quando volevo cambiare facoltà ed ero demotivata. 

Zio Carmelo è arte, è il ragazzo della via Gluck, è Bosc
h, 'Cent'anni di solitudine', un cruciverba sempre pieno, un paio di occhiali demodé e un'intelligenza ammaliante.

Zio Carmelo era per me perseveranza. Faceva la vita dell'eremita ma era la persona più incisiva che conoscessi. Ha creato un mondo perfetto dal nulla e gli ha regalato un'aura poetica, quasi divina, sgombra di pregiudizi. Non invecchierà mai, non morirà mai. 

Zio Carmelo mi ha insegnato a pesare tutto, a dare valore alle cose importanti, come mia madre, come mio padre. 

Zio Carmelo è un pezzo della mia famiglia che se ne va perché si è stancato di un modo in declino. 

Ci trattava come figli quel genio visionario, non era una persona qualunque, immaginava il suo mondo ideale e lo realizzava poco dopo. Sdrammatizzava sempre, era rude a volte ma aveva un cuore enorme. 

Io ho avuto Carmelo, l'ho amato e lo ricorderò per sempre.


Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu (Official Video) - YouTube







Nessun commento:

Posta un commento