Il film di Sorrentino è un puro esercizio di stile, abbellito da una maestria frutto di grande esperienza e da una fotografia impeccabile.
Così attento alla forma ma pochissimo alla sostanza, il regista riprende un mondo di immagini belle e sensuali che non restituiscono l'autenticità dell'essere umano. Questo film ha più a che fare con il penoso bisogno di immagini di una società vuota che si lascia abbindolare da frasi ad effetto senza alcun reale significato profondo. Non c'è nulla di naturale nel film di Sorrentino, appare tutto artefatto e vuoto ma questa volta la scelta stilistica e contenutistica non sembra una critica sociale come ne 'La grande bellezza' ma fine a se stessa, priva di sensibilità reale.
Il piacere di guardare il film corrisponde al piacere di guardare una bella donna e una città meravigliosa, in cui il mare scandisce le scene e sembra l’unico modo (un po’ scontato forse), di collegare i capitoli della vita della protagonista. Parthenope è abbagliante, bella, sensuale ma non fa simpatia allo spettatore, non ha un carisma universale, piuttosto è una gattamorta, lasciva, discutibilmente ribelle, con gli occhi sempre pieni di lacrime vacue, che non commuovono chi le guarda.
Le sigarette onnipresenti in ogni scena e la Napoli radical chic del Vomero che discute dei massimi sistemi in terrazza, cliché ormai inflazionato che a mio avviso annoia un po’ lo spettatore, sono esempi di ridondanza e carenza di contenuti.
Non c’è sostanza nel film e non è nemmeno così credibile Stefania Sandrelli che interpreta la protagonista in età adulta, vuota la sua recitazione, vuoto il messaggio.
Fa fatica lo spettatore ad immergersi nell’anima dei personaggi, come fosse un mondo plastico senza alcuna tridimensionalità. Alcune scene sembrano aggiunte dell'ultimo minuto, come i cori del Napoli calcio che sembrano non avere alcuna attinenza con il resto del film.
Il film sembra più un’accozzaglia di scene mal montate, un tentativo ossessivo di scandalizzare il pubblico attraverso un groviglio di manie e paranoie in alcuni casi maschiliste, vedi la scena dei giovani costretti a consumare un rapporto sessuale in pubblico o l’attrice caduta in disgrazia che si abbandona ad un incontro erotico con la protagonista, o anche la scena inutilmente ricorrente del bikini poggiato ad asciugare sulla sedia.
Forse il personaggio più autentico di tutta la storia è il vescovo, interpretato magistralmente da Peppe Lanzetta, che nel suo essere ripugnante e grottesco mostra tutti i limiti dell’essere umano. Tutto il resto sa un po’ di truffa.