mercoledì 11 settembre 2013

"La schiuma dei giorni" di Boris Vian

Per immaginare nuovi mondi ci vuole una gran dose di stravaganza, inventiva e audacia. Ci vuole ironia, senso critico e un pizzico di distacco dalla realtà.


La schiuma dei giorni, romanzo scritto nel 1946 da Boris Vian – uno dei fondatori della corrente letteraria della Patafisica (ideata dallo scrittore francese Alfred Jarry) – è un romanzo che ricorda i migliori quadri del pittore Chagall.
Vian fu trombettista, chansonnier, ingegnere, autore teatrale, poeta, traduttore, giornalista drammaturgo e attore, fece della sua breve vita un esperimento artistico, adottando nel corso della sua attività registri stilistici diversi, dissonanti ed estremamente innovativi (si pensi al romanzo del 1946 J’irai cracher sur vos tombes, ovvero Sputerò sulla vostre tombe), passando da ambientazioni che ricordano le favole di Perrault e dei fratelli Grimm ad altre che fanno riferimento al genere letterario degli hard boiled statunitensi che ebbero enorme successo verso la fine degli anni Venti e i cui temi principali erano quelli del crimine, della violenza e del sesso.
Nel romanzo La schiuma dei giorni, Vian racconta la storia del giovane parigino Colin, appassionato di jazz e di cucina, inventore di strani strumenti come il pianocktail, un pianoforte in cui ad ogni nota corrisponde un alcolico.
Colin, ad una festa, si innamora della bella Chloé, una donna che ha il «profumo della foresta con un ruscello e tanti coniglietti». I due si sposano ma presto Chloé si ammala di una strana malattia al polmone destro: un’orchidea le cresce dentro al petto e l’unica cura possibile consiste nel circondarsi di fiori.
Attorno ai due personaggi principali ruotano le vite di Chick e Alise, anche loro innamorati. Chick è un ingegnere con l’ossessione per lo scrittore Jean-Sol Partre, e Alise è la nipote di Nicolas, chef personale di Colin.
La trama è volutamente semplice e quasi banale. Ciò che rende questo libro straordinario è il lessico, i neologismi, i giochi di parole, gli elementi surreali e la scoperta di una “scienza delle soluzioni immaginarie” di cui Vian fu uno dei promotori.
L’idea di una letteratura che non si prende troppo sul serio è il principio sul quale fa leva la poetica di questo romanzo. «La storia è interamente vera perché me la sono inventata da capo a piedi» dice l’autore nella premessa.

Leggere La schiuma dei giorni è un vero spasso. I personaggi, immersi in un’atmosfera magica e fiabesca e lontani da qualsiasi stereotipo, sono da considerarsi alla stregua degli ingredienti di una delle migliori ricette di cucina francese. Teneri e idealisti, vittime di un mondo cinico e senza senso, ondeggiano a ritmo di jazz e lottano per realizzare i loro sogni fatti di schiuma. Quello dei personaggi è un mondo alla rovescia, un mondo in cui i vetri che si rompono ricrescono da soli, in cui la cravatta fa i capricci per annodarsi, i topi sono parte integrante della famiglia ed è possibile dare pizzicotti ai raggi di sole se disturbano la vista. È un ambiente in cui gli oggetti sono animati quanto gli esseri umani, in cui si passeggia per strada immersi in una nuvola all’odore di zucchero di cannella, si balla lo sbircia-sbircia, in cui i paggi pulitori lucidano la pista di pattinaggio, i topi ricavano lecca lecca dalle saponette e la casa si restringe se l’umore peggiora.
Con l’avanzare della malattia di Chloé, il corridoio si rimpicciolisce e le stanze si fanno buie, lo chef Nicolas invecchia di sette anni in soli otto giorni e i topi sono costretti a raccogliere frammenti di luce dalla cucina per illuminare per un istante la stanza in cui riposa Chloé.
Quello in cui vivono i personaggi è un ambiente ora caldo ora freddo, con chiaroscuri e giochi di luce, in cui gli stati d’animo vestono arredi e linguaggio.
Colin è costretto a cercare un lavoro per comprare i fiori a Chloé. Solo i fiori possono mettere paura all’orchidea che abita il petto dell’amata e per questo motivo il giovane parigino, abituato a vivere nel lusso, si ritrova costretto a covare canne di fucile (che crescono nei campi solo grazie al calore del corpo umano) o a fare il messaggero delle cattive notizie in anticipo, per offrire una cura alla sua sposa.
Le brutte notizie fanno invecchiare nel mondo costruito da Vian, ed è così che a metà del romanzo la cruda legge della realtà annienta i sogni d’amore e la leggerezza dei protagonisti. Ma nonostante la tragicità avvolga l’epilogo, Vian ci suggerisce che la vita vale la pena di viverla a pieno, anche solo per due ragioni, le ragioni della sua vita: «l’amore, in tutte le sue forme [...] e la musica di New Orleans o di Duke Ellington. Il resto sarebbe meglio se sparisse perché il resto è brutto».
Lo scrittore francese soffriva di una malattia al cuore, una malattia lacerante che anziché condurlo verso l’autodistruzione lo spronò a vivere i suoi giorni con ingordigia e passione.

L’intero romanzo è da considerarsi come un inno alla vita in tutti i suoi aspetti. «Io vorrei essere innamorato», dice Colin guardandosi allo specchio. Si immerge tra le strade parigine, seguendo ogni donna che attira la sua attenzione, fluttuando in un vuoto in cui non c’è nulla da fare se non andare in giro ad osservare il mondo.
Nel romanzo c’è poco spazio per la psicologia dei personaggi, predominano l’estetica e il particolare, la sorpresa e l’impulsività. Vivere è l’unico mestiere che riesce bene al protagonista, è l’unico modo possibile per salvarsi dalla morale comune, quella che vede il lavoro come uno strumento che nobilita l’uomo. La fortuna e la salvezza di Colin sta nel fatto stesso di essere un nullafacente, un personaggio più immaginario che reale, una proiezione fantastica di ciò che tutti vorremmo essere, di un bambino con una coscienza piuttosto che un adulto razionale, che rimanda ad un desiderio e una pulsione che hanno sede nell’infanzia, nell’innocenza, laddove i giochi di parole e i mondi inventati sono all’ordine del giorno.
Non è un caso che La schiuma dei giorni di Boris Vian sia stato uno dei libri più letti dai contestatori del Sessantotto. L’idea di un mondo fantastico in cui si respira un’atmosfera benigna e ovattata, in cui il lavoro degrada l’uomo e l’unica cosa che conta è l’amore in tutte le sue forme, aveva affascinato non poco la generazione dei contestatori sessantottini che avevano fatto della liberazione dal lavoro uno dei motivi più sentiti di ribellione.
Il romanzo si nutre di una visione contro corrente, in cui l’insubordinazione nei confronti dell’autorità e la satira su alcuni aspetti della vita dell’uomo sono temi ricorrenti che creano la cornice della storia. La critica nei confronti della Chiesa e della religione si fa veemente e violenta, i preti sono interessati esclusivamente al denaro e chi non ne ha è costretto a vedere i propri cari dentro vecchie scatole nere lanciate dalla finestra perché «i morti si facevano scendere a braccia solo a partire da cinquecento dobloncioni».
Vian non risparmia nemmeno la critica alla cultura del suo tempo e, attraverso la figura di Jean-Sol Partre (vera ossessione dell’amico Chick) mette in evidenza l’assurdità dei diktat culturali. Si legge la parodia dell’«esistenzialismo a tutti i costi» e la convinzione che la letteratura non sia campo esclusivo delle scuole letterarie e delle accademie.
Quello di Vian è un anticonformismo che abbraccia tutti i campi della vita moderna, i suoi dogmi e le sue strutture, dissacrando gli aspetti del vivere comune (si pensi alla critica all’esercito) con un tono beffardo più che polemico.
Definito da Queneau il più straziante dei romanzi d’amore, La schiuma dei giorni è uno dei libri che anticipa la stagione dell’Oulipo (acronimo dal francese Ouvroir de Littérature Potentielle, ovvero officina di letteratura potenziale) e dà inizio ad un percorso in cui la letteratura vive una delle sue stagioni più metaletterarie. 
La possibilità di stravolgere mondi, abbandonare luoghi comuni e rivolgersi direttamente al lettore, di riordinare le parole in base ai suoni o ai colori che evocano nella mente del lettore, è una delle maggiori conquiste del ventesimo secolo. Le avanguardie artistiche e letterarie hanno dato inizio a una stagione in cui è più importante la percezione della cultura piuttosto che la cultura stessa e hanno decretato il primato dello stile rispetto al contenuto. È proprio questa concezione della cultura che si trova alla base della vita moderna. La “letteratura dei mondi possibili” ha creato nell’immaginario comune il tramite perfetto tra la concezione di letteratura del passato e quella presente.

Vian può permettersi di inventare un mondo anziché descriverlo, e questo è uno dei più bei regali che può fare ai suoi lettori.

Articolo pubblicato sul n. 10 della rivista Il Palindromo