Volevo chiedervi di restare qui, almeno qui. Le vite che creo, le vite reali con lo sfondo del sole, quello vero, delle nuvole e i marciapiedi, le vite vere fatte di sguardi, strette di mano abbracci e bicchieri di vino, quelle vite mai virtuali che ho cercato di alimentare giorno per giorno in bici o in autobus, in metro o a piedi, quelle vite mi servono.
Volevo chiedervi di restare, almeno qui. Di non partire perché no, vi siete sbagliati, Torino non è una città di passaggio. Invece ve ne andate anche da qui e ritornate a casa, o andate via dall’Italia e così cambia la geografia sentimentale che abbiamo costruito negli anni, fatica sprecata, gli abbracci che ci servono mediati da uno schermo, il mondo vero ma mediato sempre, e i miei amici diventano foto di profili Facebook e icone di roba varia e diventano irreali, sempre più irreali, lontani, difficili da raggiungere con lo sguardo ed è difficile trovare mani screpolate dal freddo o occhi lucidi per l’influenza. Torino non è una città di passaggio.
Foto di Valeria Taccone |
Invece partite tutti militari e le vite vere si sfaldano. Rivivono solo due tre volte all’anno, di ricordi vecchi duemila anni.
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