venerdì 26 maggio 2023

Disgusto

 

Ho ascoltato un podcast che si chiama ‘Le basi’ in cui una ragazza che vive a Milano e una psicologa parlano delle emozioni primarie. Il disgusto è la prima emozione analizzata e mi fa strano pensare che secondo loro il disgusto si manifesta per la prima volta durante il periodo dello svezzamento, quando i bimbi pur di compiacere la mamma e non rischiare di ferirla mangiano malvolentieri la poltiglia che si mangia a 6 mesi, polli centrifugati bio e brodo di verdure coltivate dal produttore al km 0. Sono disgustata all’idea che la prima violenza che subiamo a quell’età, come un obbligo affettivo che ci viene naturale, sia presa in considerazione solo nel 2023 da una ragazza che si occupa di comunicazione e una psicologa che lavora in un’associazione. Il disgusto, dicono, ci ricorda tutto ciò che per noi è pericoloso e dannoso, come una minaccia da fermare ad ogni costo. Per esempio le relazioni tossiche o tutto quello che a volte ci costringiamo ad accettare per non ferire il nostro gruppo di pari. Ne viene fuori un quadro imbarazzante soprattutto perché vero e decisamente sconcertante, accettiamo tutto in modo passivo e inetto, dal nostro lavoro alla nostra storia d’amore, vissuta in modo non appagante perché non si tiene conto dei nostri gusti reali, dei nostri desideri, della nostra volontà. Il disgusto ci riporta quindi a delle riflessioni molto più importanti sulla nostra vita e sui nostri reali piaceri e quelli indotti dalla società. Ci piace un determinato cibo perché piace a Gabriele, ci piace un ragazzo perché è diventato un modello idolatrato e così via. Il disgusto si fa però strada nella nostra sfera intima, come un avvertimento della falsa scelta, un errore di cui ci si rende conto solo quando siamo soli con noi stessi o con il nostro partner, nella sfera familiare più stretta, come un campanello d’allarme che ci avvisa che ci stiamo allontanando dalla nostra vera natura.
In questo post parlo di lavoro, di amore, di scelte consapevoli e volontà, di desideri e amore per sè stessi. Ti racconto questo perché mi piacerebbe resistere al disgusto ma non ci riesco, è come un anticorpo, una protezione, una corazza indicibilmente essenziale per me e per tutti. Ma da oggi proverò ad ascoltarlo questo disgusto, perché me lo merito e ho ricominciato ad occuparmi di me. Tutti voi dovete farlo, per vivere, per morire, per esserci.

lunedì 8 maggio 2023

Resto a guardare

 

Una ragazza peruviana di nome Charita mi dice che il suo lavoro è complesso. Ho preso in mano la sua carta d’identità per guardare la sua scheda cliente. L’ho guardata con sguardo perplesso.

Sono io, mi dice

Non sembra, sembri diversa.

Lo so, ho perso 13 chili.

È costretta ad avere a che fare con uno dei più importanti imprenditori di Torino, fino a qualche tempo fa candidato alle elezioni comunali, e con suo fratello, uomo tirchio e frustrato che la rimprovera perché troppo grassa. Lui non è certo un figurino peraltro ma si ostina a controllare gli scontrini e la dispensa dicendo che la spesa che fa per lei e i genitori di lui è troppo calorica. I genitori non hanno il diabete, non soffrono di nessuna patologia ma, nonostante questo, l’uomo tirchio sostiene debbano rimanere a stecchetto.

Marilou invece è fortunata, è una ragazza filippina di un’età indefinibile, con una risata isterica, finta e un fare eccessivamente gentile, sempre compiacente e con la risposta pronta. Marilou sta bene, ha la casa piena di regali, mi dice. Lavora tre o quattro ore al giorno a casa della sua “padrona” e porta il cane fuori almeno due volte al giorno. Cucina per cena e sostiene di fare un lavoro creativo perché ogni sera sceglie un menu diverso per i “padroni”. Guadagna 1000 euro in busta paga più 600 euro in nero perché altrimenti i "padroni" devono pagare troppi contributi Inps. Sullo screensaver del telefono ha la foto di un barboncino bianco che mi confessa essere la sua vita. Il marito non è a Torino ma la sorella sta per raggiungerla. Verrà anche lei a lavorare per la "padrona" perché la "padrona" ha tante case, una in Corso Massimo d’Azeglio, una in Liguria e due in montagna. Ha bisogno, la "padrona".

Editha ha quattro figli, due naturali grandi e due acquisiti, piccolini. I due naturali sono nelle Filippine, i piccoli sono a Torino e sono cresciuti con lei. I genitori sono due famosi medici di Torino e il loro onorario è di 300 euro a visita. Profumano di Vetril e ammorbidente e parlano un italiano insolito con la ‘s’ di pezza. Sono felici, biondi e con gli occhi azzurri, vorrebbero partire con Editha e vedere quel paese tanto idealizzato in cui vivono i fratellastri mai visti. I veri genitori sono contrari, farli partire per le Filippine significherebbe rinunciare definitivamente alla loro paternità e maternità e questo è tassativamente escluso. Editha ha il cellulare pieno di foto e video ricordo dei loro primi passi, le prime parole e le prime feste. Editha è ridiventata mamma dopo 15 anni, ha vissuto due vite in una perché è pagata per fare la madre di due figli non suoi, pulire casa, preparare la cena. Stasera preparerà cotolette alla milanese, patatine fritte e verdure miste. Sorride sempre, come fosse un tic perfezionato negli anni.


Da quando sono al mondo non ho mai visto un gap culturale così ampio, non ho mai visto una voragine tale da dividere ricchi e poveri in modo tanto feroce. Ed ascoltare entrambe le voci è terribilmente inquietante perché i ricchi mi parlano della difficoltà di effettuare la ristrutturazione della quinta casa per gli ospiti in quanto è difficilissimo trovare il materiale per i lavori per via della guerra e i muratori temporeggiano troppo. Invece c'è una marea di gente che raccoglie la roba dall'immondizia e si accontenta di vivere lontano dai figli pur di portare il pane a casa. I "poveri" non hanno soldi sul conto e chiedono finanziamenti senza possedere una busta paga dignitosa, con dieci ore settimanali dichiarate e tutto il resto in nero. 

Il ceto medio si è improvvisamente impoverito e si indebita per sopravvivere. Il ceto medio è adesso composto da poveri. I ricchi invece sono diventati ancora più ricchi, i medici hanno scoperto che il servizio sanitario nazionale non funziona e hanno iniziato a farsi pagare le visite specialistiche private fior di quattrini. Ho scoperto che solo i filippini che lavorano per loro hanno diritto ad un trattamento di favore e possono pagare le visite meno degli altri pazienti.

Esiste un divario enorme tra ricchi e poveri oggi, almeno alle Poste e, nel mio piccolo osservatorio privilegiato, vorrei cambiare le cose e distribuire un po' meglio la ricchezza soprattutto nel momento in cui la gente con i soldi manifesta una superiorità immotivata e pretende un trattamento diverso, migliore.

Charita mi ha raccontato che la sua comunità fa spesso un gioco, ognuno dei membri a turno presta 10.000 euro agli altri membri che se li spartiscono e li restituiscono a rate, una sorta di prestito senza interessi che permette ad ognuno di loro di mandare i soldi al paese nativo, ai figli, ai genitori, alla famiglia rimasta in panchina.

Il mio privilegio è quello di poter osservare un pezzo di società dallo spioncino della porta, un pezzo di società aggressiva e maleducata, un pezzo di società che insulta e che entra in ufficio solo per sputare merda ma anche un pezzo di umanità che deve scendere a patti con milionari e miliardari, travestendosi da servo per poter vivere e godere di discreti vantaggi, una vita di finta integrazione in cui per vivere bisogna soffocare ogni tipo di individualità e tradizione culturale, che può guadagnare qualcosa in più a patto di non integrarsi mai e vivere in ghetti comunitari. 

Io questa comunità che riesce a scindersi la ammiro, nel senso più semplice del termine. Non sopporto le disuguaglianze, divido il mondo in gente onesta e disonesta, gente umile e gente snob e la gente "povera" che incontro oggi in ufficio è gente onesta e umile, che non ruba e non ruberebbe mai, è una comunità di persone che ha conservato un'umanità reale, fatta di assistenzialismo e unione - al contrario degli italiani che si fanno la guerra - e sta raccogliendo il tempo e i soldi per vivere fuori dall'Italia, fuori da questo mondo in cui i figli non sono i propri e i sentimenti nemmeno.

Sto a guardare, a volte mi sembra davvero un privilegio. 

Vi dico solo: "Chapeau", andatevene prima possibile adesso.