Si rimane spiazzati di fronte a questa 'pseudo tragedia greca', incapaci di credere come la fame conduca a fare certi gesti, un film toccante, senza dubbio, ma anche un poʼ fine a se stesso. Non serviva a rivalutare il quartiere Zen di Palermo, presentato in modo a dir poco squallido, anche se molto realistico, non serviva a dar voce alle classi meno abbienti. Serviva, forse, da monito.
Il progresso, il benessere apparente ci ha portati a dare più importanza agli oggetti di consumo che ai valori morali. Il prete che benedice la Mercedes e intasca la mazzetta subito dopo, lo zio Pino che ʻmpresta picciuliʼ a condizioni improbabili e la nonna che si rivela senza cuore, decidendo - seguendo la logica matriarcale della famiglia siciliana, con una razionalità invidiabile ma pietosa - di mandare in carcere un innocente, sono figure che servono a denunciare un grave problema sociale. Queste non sono figure nuove, esistono dai tempi in cui lʼuomo deve ʻfaticareʼ per vivere, sono personaggi di una città arcaica che ha bisogno di unʼalternativa plausibile.

Forse ci basta davvero poco per essere felici, per stare tranquilli. Forse noi, che abbiamo sbagliato i tempi dellʼevoluzione, ancora possiamo ricordare cosa cʼera prima e se ci piaceva di più. Gli oggetti come status symbol sono un concetto che non ci appartiene. La nostra più grande risorsa, oggi, dovrebbe essere quella di accontentarci di quei beni necessari che rendono necessaria la vita.