venerdì 12 novembre 2010

Chanteclaire, lo sgrassatore.

La stanza è diventata un bazar. Ci sono vestiti dappertutto scarpe disseminate a riempire ogni mattonella libri mai letti sulla scrivania cose non mie regali mai consegnati riviste impolverate lette a metà coperte aggrovigliate e maleodoranti montagne di cicche nel posacenere e l'odore di intere generazioni che ci hanno passato la vita qui dentro, generazioni che evaporano da questa lurida carta da parati.
Non mi va affatto di riordinare, di ripulire. Non mi va nemmeno di alzarmi dal letto.
Ho la sensazione che anche se facessi ordine non cambierebbe proprio un cazzo nella mia testa. Rimarrei comunque troppo confusa.
La stessa confusione nella stanza e nella testa. Una confusione che oggi non si può risolvere.
Credo di essermi persa.

Mi sono persa perché tu mi hai detto che non sai cosa potrei fare 'da grande' e invece io a te l'ho detto. Io lo so cosa puoi fare tu. Tu una possibilità ce l'hai. E non credo sia solo una questione di buona volontà. Sto parlando di ambizioni. Tu sì che sei ambizioso.
Credo di essermi persa perché mi hanno detto che sarebbe meglio tornare a Palermo.

Torno da Berlino, dove mi hai detto che vuoi andare a vivere. Bella Berlino. Bella la vita a Berlino. Ma il cielo è troppo grigio e i piedi ti si congelano per il freddo, la pioggia ti entra dentro le scarpe e alle quattro è già buio. Si potrebbe vivere lì comunque, magari in una stanzetta vicino una stazione est da duecento euro al mese. Si potrebbe mangiare l'insalata e il kebab, si potrebbe bere anche il loro caffè. Si potrebbe fare attenzione a quel barbone che si fa di eroina proprio lì dove tu prendi la metro ogni giorno. Si potrebbe perfezionare l'inglese e indossare il paraorecchie, vivere di hamburger e borsa dell'acqua calda, sopportare una tristezza malsana in metro e la domenica fare un giro per le bancarelle d'usato di Mauerpark, andare a Tacheles quando ti vuoi fare una canna con qualche debosciato, sempre a Mauerpark per sentire quanto dista tuo nonno da quella generazione, per parlare col tuo amico strafatto di Enna, per capire che l'arte non è esattamente arte. Ci si potrebbe andare sì, e vivere di marchette a Zoologischer Garten, o magari in una caffetteria e nel tempo libero mangiare Donuts e Sacher. Perché no?
Ma prima aiutami a capire che cosa so fare e cosa posso fare. Posso rimanere anche qui a Roma, ma solo se vinco al Superenalotto. Qualsiasi lavoretto non mi consentirebbe l'autonomia sufficiente a pagarmi l'affitto di questa stanza. Non si scherza con Roma, e ieri la pizza che ho comprato mi è costata un sacco di soldi, informarsi veramente costa tanto e arrivare al Colosseo è più stancante di quanto si possa immaginare. Qui ti stanchi mentre cammini. Ti stanchi guardando la gente che corre e non ti degna nemmeno di uno sguardo. Ti stanchi perché ti chiamano 'ciccia' o 'stella' con un'ipocrisia che dà la nausea, perché ti sorridono solo quando vogliono qualcosa in cambio, questi romani senza amici. E scusa se generalizzo.
E metti che mi assumono al centro commerciale o all'ufficio vendite dell'azienda 'Muoriroma' devo sempre prendere l'autobus o il treno come in quel film che non abbiamo mai visto per intero, quello con Favino, l'attore che un po' ti piace. Quella del film si faceva 'sti viaggi lunghi in treno con la nebbia che le oscurava le caviglie e gli occhi sempre tristi e io invece a lavoro ci vorrei andare solo nelle giornate di sole, e avere sempre lo sguardo rivolto al blu del mare. Che dici amore? Forse vivo nel mondo delle favole? Ora ci credi che io non sono affatto matura? Ora ci credi che non assomiglio affatto a tua madre? Ora capisci che tutte le mie ambizioni sono fatte solo di 'parole' e non di fatti?
Dovrei farmi una doccia e andare in giro a cercarmi un lavoro. E non lo sto facendo. Spreco ore di affitto così, senza rendermi utile. Domani lo cerco, promesso.
Il vero trauma di quelli della nostra età è che si sentono inutili perché nessuno ha bisogno di loro. La mancanza di lavoro ci rende perfettamente inutili, e una che sa solo scrivere, invece che lavorare per il giornale del suo paese e ricevere una paga a fine mese, va a lavorare come cassiera in un autogrill.
L'unica cosa che la soddisfa è scrivere i suoi versi sulle mattonelle del cesso di quello stesso autogrill, dove peraltro la sua collega più grande di due anni - che 'da grande' voleva insegnare - fa le pulizie giornalmente, cancellando quei versi a colpi di Chanteclair.