venerdì 18 febbraio 2011

Animali contro natura

Dato che in questo periodo tutti si dissociano da qualcosa io mi dissocio da Benigni, dal Festival di Sanremo, dal centocinquantenario dell’Unità d’Italia, da quei minchioni di Luca e Paolo, da Masi e da tutta la merda che affolla la tv.
L’impressione è quella che, avendo loro fatto un gioco sporco di manipolazione dei cervelli, adesso chiunque tende a legittimare comportamenti che qualche tempo fa ci sarebbero sembrati assurdi e inconcepibili.
Che valore può avere il concetto di Unità d’Italia oggi? Come ci si commuove oggi con l’Inno d’Italia? Anche Benigni sembrava far fatica, sembrava sforzarsi per mostrare un briciolo di commozione. Io dico che siamo alla frutta. Siamo alla frutta perché il direttore generale della RAI telefona prima a Santoro dicendo che si dissocia dai contenuti e dalla forma del suo programma e poi, una settimana dopo, chiama la Ventura per farle i complimenti per il suo programma, L’Isola dei famosi. Perché le ragazze intervistate ad Annozero (e non erano escort) dicono che Berlusconi è affascinante e poi dicono ‘magari ci proponessero di partecipare ai festini di Arcore!’
Siamo alla frutta perché Luca e Paolo, dopo le lamentele del Direttore della RAI che esorta a fare satira sulla sinistra e non solo sulla destra, giocano e scherzano su Saviano che magari tra qualche anno sarà pure bello e sepolto e gli rimarrà sulla coscienza. Siamo alla frutta perché Benigni preferisce essere pagato per dire quattro stronzate invece di rifiutare i soldi e dissentire, venire a patti con questo potere, facendo ironia su un cavallo bianco che a detta sua ricorderà l’entrata trionfale all’Ariston (indimenticabile entrata, soprattutto per un cavallo, dice Benigni), e che lo avrebbe volentieri preso a calci in culo. Benigni che fa finta di criticare il premier e non ci riesce perché non si può, è vietato, dice prendendo in giro anche se stesso e lo fa con una maestria che quasi gli si crede e vorrebbe dissentire ma in realtà a pensarci bene era già stato tutto preparato, magari per non perdere le faccia, due o tre battutine nemmeno tanto pungenti, e la Cinquetti, non ho l’età, non è un buon momento per i Cavalieri. E allora? Che hai detto Benigni? A chi la dai a bere? Caro Benigni, guarda che Monicelli da lassù ti sta guardando.
Cosa volevi dire Benigni? Volevi dire che tu non stai né da una parte né dall’altra, che non sei né serio né poco serio, che non prendi una posizione. E, se uno spettacolo del genere lo avessi fatto un anno fa, allora potevo capirlo, e avrei pure riso. Ma oggi, Benigni, io non rido. Perché oggi una posizione va presa. Va presa perché ne abbiamo bisogno, perché stiamo male tutti e perché non c’è più nulla da ridere. Va presa perché temo che la maggior parte degli italiani, sotto sotto, sia orgogliosa di Berlusconi. Retaggio dell’antico maschilismo. Ammirazione, e quindi giustificazione. Guarda quello lì che alla sua età ancora spruzza di qua e di là. I nonni che pensano “magari avessi io la sua grinta e la sua fortuna con le donne”, uomini con problemi di erezione che lo invidiano, gente che si eccita pensando che un vecchio fa il Bunga Bunga con le minorenni, perversioni legittimate dalla politica e dalla storia d’Italia. Questa storia d’Italia.
Per questo le donne sono incazzate. Perché sembra un punto di non ritorno, perché sembra la normalità, perché si sa bene che Berlusconi sotto sotto - per molti uomini di questo paese - è un grande. O almeno non biasimabile. Chiamalo scemo. Quello sotto sotto se la ride perché, in fondo, sa benissimo che se domani si dovesse ri-votare, vincerebbe lo stesso. E direbbe che gli altri capi di Stato e i direttori dei giornali che lo criticano, tutti maschi ovviamente, sono invidiosi e che non esiste un solo uomo sulla terra che in fin dei conti non lo giustifichi.
In fondo siamo animali. Siamo animali che non si incazzano mai però. Nemmeno quando ci toccano la vita. Siamo animali indifferenti, quindi contro natura.

mercoledì 2 febbraio 2011

Raccontare è la terapia

Lungo silenzio, perché non avevo niente da dire. Ho lasciato perdere molte cose importanti, prima tra tutte la morte di Monicelli. Il significato della sua morte. Ma non importa, ho scritto di lui sul mio diario e mi è bastato. Oggi riprendo momentaneamente la terapia.

Questo inverno, oltre ad un amore grande, di quelli che racconti alla nonna e speri che sia la persona per te, mi sta regalando un sacco di scetticismo in più. Scrivo una tesi di giornalismo culturale col cervello che molleggia e sbanda e gli occhi che non vogliono e non possono restare fissi su un punto solo, e ballano e si confondono. E in loop questa canzone che è legata al ricordo di qualche giorno fa, quando sul letto di casa mia piangevo come una scema perché dovevo tornare a casa per pura necessità e sapevo che mi aspettavano giorni tristi. E tutta l’angoscia la ritrovo in queste note, verdena razzi arpie eccetera concentrato di angoscia per le orecchie. Io questo tempo me lo sto gestendo male.

Oggi mi è successa questa cosa, e mi sono incazzata. Mi chiama il tipo del servizio civile e mi dice che sono stata selezionata eccetera ma che deve farmi delle domande. Mi chiede se posso andare in sede domani. Io dico che non sono a Roma. –Ah, e dove sei? – A Palermo – E perché? – Guardi, ho avuto un po’ di problemi a casa – E cioè? Che stronzo, penso. –C’è mia nonna che sta male ed è in ospedale – Ah, e scusa tanto, sei scesa per tua nonna? E tua madre e tuo padre allora che ci stanno a fare? –Prego? –Dico, se scendi perché tua nonna sta male allora quando staranno male i tuoi genitori cosa farai? Se lei deve cominciare ad assentarsi me lo dica che questo posto lo diamo ad un’altra persona.
Silenzio. Che cosa si risponde in questi casi? –Mi scusi, non credo siano affari suoi. Ad ogni modo quando inizia il servizio civile? –Il primo marzo. –Bene, allora il primo marzo ci sarò. Se poi ritiene opportuno scartarmi perché immagina che farò troppe assenze faccia pure. Arrivederci.
Un romano del cazzo, uno di quelli che in punto di morte sarà solo come un cane e che nella sua vita non ha coltivato alcun rapporto, un povero disgraziato senza amici e senza senso, uno di quelli che la moglie ce l’ha ma preferisce andare a puttane. Tanto a Roma ci devo tornare.

L’ho raccontato a mia nonna che tornerò qui, le ho detto di non preoccuparsi, non voglio lasciare nessuno. Ho trovato questo ragazzo, nonna. Sai, l’ho proprio trovato, così per caso, in un giorno inutile, al bar della Sapienza. Ma è di Palermo sai? Era tutto sudato e aveva una maglia rossa. Non dava confidenza a nessuno, era timido. Un giorno alla Basilica di Massenzio ero gelosa perché lo volevo accanto durante lo spettacolo del Festival delle letterature, lo volevo vicino e lui era seduto accanto ad una mia amica. Allora ho capito che mi piaceva. Ero contenta di vederlo e chiedevo sempre di lui. Poi un giorno a Palermo ero proprio giù di morale e non volevo vedere nessuno tranne lui. Allora siamo andati al Borgo vecchio e avevano organizzato una strana cosa sull’autobus, tipo un concertino con le percussioni ma non ci piaceva tanto solo io ero emozionata e lo prendevo sempre in giro. Poi siamo andati sul prato della Magione e lui mi ha raccontato un sacco di cose. Sai nonna, prima mi parlava sempre del suo passato e io, che l’ho rielaborato insieme a lui in una serie di sedute psichiatriche ridicole, adesso il suo passato un po’ lo detesto. Vorrei che non avesse un passato. Vorrei esserci io da sempre.
Poi mi ricordo Castelbuono dove ho incontrato le persone del mio passato questa volta e ho chiuso tutti i conti. Nonna, lui mi cercava, mi chiamava e mi cercava. Lui il cinque agosto mi voleva già un sacco di bene secondo me. Sono innamorata da un po’ di mesi ormai e sono felice nonna, felice. Solo un po’ spaesata. Sono sempre io nonna, e certo che torno.
Ti racconto tutto, ma non chiudere gli occhi.
Ascoltami, sai che per il suo compleanno gli ho cucinato i calamari ripieni con la ricetta che mi hai dato tu? Nonna, hai un sacco di ricette da darmi. Nonna mi senti? Ecco, dicevo che hai ancora un sacco di ricette da darmi. Lei apre gli occhi e con gli occhi sorride.
Le racconto che a Roma ci sono Anna Ida e Dani, le racconto che ho conosciuto gente che mi fa stare bene. Sì, ma torno. Tranquilla. Lo so che mia madre è sola, che mio fratello è partito. Io torno.

Poi si addormenta, e sogna. E parla nel sonno. Farfuglia qualcosa che non si capisce. Poi scandisce chiaramente queste parole:'la salsa è pronta'. E io non posso far altro che sorridere.