giovedì 28 ottobre 2010

In questi casi meglio una torta alla crema...

Si leggeva insieme l'articolo pubblicato su 'Internazionale', un articolo di Stephan Faris, pubblicato sul 'Time', settimanale americano di attualità.
Si leggeva l'articolo che in italiano era intitolato Arrivederci Italia.
E il lead era questo:
“Non è esattamente il genere di consiglio che ci si aspetterebbe dal direttore di un'università d'élite. Nel novembre del 2009 Pier Luigi Celli, direttore dell'università Luiss di Roma, ha scritto una lettera aperta al figlio: 'Questo paese, il tuo paese non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio (...) Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati.

L'articolo su 'Repubblica' continuava così:

'Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché'.


Siamo tre in cucina. Abbiamo appena finito di cenare, fuori c'è freddo, il cortile interno fa paura, le luci sono tutte spente e io sono in fase premestruale.
Lui è stanco e sbadiglia ogni due minuti.
Lei sorride, ma è stanca pure lei. Leggiamo insieme e le nostre risate di un attimo prima sono zittite da questo Celli (che poi lui i soldi ce li avrebbe e dovrebbe essere l'ultimo a parlare).
Finisco di leggere l'articolo e cala il silenzio. Siamo tutti e tre un po' più tristi.
Il cortile diventa ancora più buio e freddo. Da qualche giorno ho come l'impressione che il mio palazzo sia disabitato. Nemmeno i vicini si affacciano più.

Lei non voleva lasciare nemmeno Lecce per venire a Roma, a dire il vero. Ogni tanto la vedi che visita il sito del suo quotidiano pugliese e legge, legge e poi si commuove quando muore Uccio Aloisi, cantore storico della Pizzica. Studia scienze politiche. Le piace quello che fa.
Ogni tanto invece la vedi incredula, mentre legge quello che succede nel mondo o in Italia ed è ingenua quando alza la voce e con gli occhi esprime il suo dissenso. Sterile dissenso.
Lui dice che dovrebbe andarsene da qui. Lavora dieci/dodici ore al giorno come stagista in uno studio di architettura senza percepire né uno stipendio né un rimborso spese. Ha un senso del dovere spiccatissimo, è in gamba, curioso, capace e ha tutte le carte per realizzare il suo obiettivo. Ma da un'altra parte. Non qui.
Il silenzio dopo un po' lascia spazio a sguardi perplessi e interrogativi. Meglio non pensarci troppo.
'Quanto spendi mensilmente qui a Roma?'
'In tutto credo 750 euro, compreso l'affitto'
'Credo sia tanto'
'Sì, è tanto. Ma lo sai che pago 15 euro a notte in quella casa? Mi costerebbe molto meno un ostello. E non ci sono spese da pagare in ostello'
'Che cosa assurda'
'E non compro vestiti da almeno tre anni, con le scarpe vecchie dove entra l'acqua, e le magliette bucate'
'Ma se perfino il mio professore veniva a lezione con i maglioni bucati! Che ci vuoi fare, non ti lamentare. Per ora c'è la crisi'

E poi:

'Che farai dopo lo stage?'
'Mi piacerebbe andare a vivere a Berlino, lavorare lì. Non lo so. Mando curricula ovunque. Vado dappertutto. Fuori dall'Italia, comunque. E tu?'
'Non lo so. Proprio non lo so'

Dopo un po' non ci pensiamo più. Abbiamo voglia di dolci. Allora lei fa la crema gialla e io un pan d'arancia. Metto in forno l'impasto e non lievita nemmeno. Viene fuori una torta brutta da vedere e da mangiare. Ma almeno i malumori e le paure li abbiamo depositati da qualche parte. In una torta avvelenata, che è ancora tutta intera.


Io sono una provinciale. I miei amici sono tutti di paese e, senza la pretesa di generalizzare, la gente delle grandi città non mi piace.
La cosa che mi manca di più da quando mi sono trasferita a Roma è la luce del soggiorno di mia nonna la mattina e il suo viso dolce che mi sorride suggerendomi che sarà un buon giorno. Mi manca quella casa vicino la stazione di Palermo che diventava un carcere quando ne avevo bisogno; la domenica mattina a casa, con i miei genitori che tornano dalla passeggiata, con il pane caldo sotto braccio e un vasetto di ricci di mare comprati al Borgo vecchio; la domenica dopo pranzo, con la tv che si ascolta da sola e la serenità nei volti di mia madre, mio padre e mio fratello. Mi manca poggiare i piedi sul termosifone nelle serate invernali, io e mia madre su una poltrona troppo stretta per contenerci entrambe; l'odore dei cibi cucinati da mia nonna, piazza magione e la strada del Capo.
Io sono una provinciale e ho paura di andare a vivere all'estero. Voglio pensare che le cose andranno diversamente, che tutto si sistemerà e che sarà più facile trovare lavoro, voglio credere che la mia laurea servirà a qualcosa e che tra qualche tempo al governo non ci sarà più un coglione che va a puttane e spiana la strada a veline e showgirl, umilia giornalmente i cittadini, fa le leggi per se stesso, possiede tutte le reti della tv generalista case editrici squadre di calcio banche e chi più ne ha più ne metta, che spende i suoi soldi in festini e troie, che offende la gente che lavora onestamente.
Io voglio restare.

5 commenti:

  1. Articolo Celli, 30 novembre 2009:

    http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/scuola_e_universita/servizi/celli-lettera/celli-lettera/celli-lettera.html

    RispondiElimina
  2. Voglio restare anch'io assolutamente e non perchè abbia paura di andar fuori ma perchè nonostante i suoi vizi e difetti amo maledettamente questa terra e la gente che la abita.
    Quello che invece mi spaventa è che un giorno potremmo voler arrenderci e non trovare la spinta dentro e fuori da noi per andare avanti e far crescere questo paese...mi spaventa quello che è successo a Norman Zarcone che si è arreso, ha smesso di lottare.
    A noi non succederà, non deve succedere...ma non mi illudo che quando questo coglione lascerà il governo tutto tornerà a splendere.. perché credo nei corsi e ricorsi della storia ma credo che il percorso di rinnovamento sarà lungo e forse solo i nostri nipoti potranno vedere un miglioramento.
    Riflettevo sul fatto che in Spagna dopo il licenziamento si hanno 2 anni di disoccupazione, che in Francia i ragazzi a reddito zero hanno agevolazioni per gli affitti...ma lì crisi non ce n'è???

    RispondiElimina
  3. Io sono fuori, in Spagna, e chissà, forse ho voglia di tornare perchè muio per l'Italia, per gli Italiani e per la mia lingua. Ma tutte le volte che rientro a casa a Barcellona non riesco più a staccarmene.
    Per la disoccupazione non è così facile..hai diritto per ogni anno lavorativo a 4 mesi di disoccupazione ("paro") che chiaramente puoi accumulare nel tempo. Non è raro infatti vedere i nostri coetani licenziarsi per "cobrar el paro" e viaggiare per un anno intero (soprattutto per l'America Latina). E a lavorare rimangono solo gli immigrati soprattutto i latino-americani e gente con problemi di visto.
    Ho sempre detto che se devo lasciare l'Italia devo farlo per andare in un posto migliore, dove si viva meglio... ma allora mi chiedo,che cosa sto facendo in Spagna dove tra l'altro possono licenziarmi da un giorno ad un altro senza alcun preavviso e senza giusta causa? "Es decir",potenzialmente il tuo capo potrebbe farti un contratto a tempo indeterminato dopo una prima settimana di prova (assolutamente non retribuita) e dopo due mesi mandarti "a la calle" guardandoti in faccia e dicendoti "es lo que hay!" (frase abbastanza comune che si potrebbe tradurre con un "è così che va!").
    In Spagna la situazione è terribile e a Barcellona, dove i catalani cercano di escludere i non nativi (da intendersi catalani)è ancora peggio.
    Chissà forse la Svezia potrà salvarci!

    RispondiElimina
  4. Forse è perchè ho un percorso chiaro in mente, da una vita che mi preparo ad andarmene, ma non vedo andare a vivere all'estero come una tragedia. Capisco che lo sia per chi ama la propria terra come dover lasciare la propria amata dopo un tradimento che ha rovinato inderogabilmente senza possibilità di recupero il rapporto. Io penso che abbiamo tante cose belle da fare e l'amore per un luogo, una nazione dove sono poche se non quasi inesistenti le situazioni che davvero funzionano sono pressocché inesistenti.
    Amo la mia famiglia, i miei amici ma forse per 'egoismo' non sono disposto a passare il resto della mia vita qui in un paese che 'non ci merita'.
    Comunque Laurè mandami un pezzetto di quella torta!

    RispondiElimina
  5. Ahrr!! dovevo rileggere prima di postare! non si capisce na mazza di quello che ho scritto :D

    RispondiElimina