lunedì 30 agosto 2010

Lomografia

Non pensare, scatta!

Ci pensavo a questi amici che poi tanto immaginari non sono. Quella Billy con la sua lomo che è diventata sua figlia e si chiama Diana. I panini e l’antipasto caldo alle tre dopo diciotto birre e vino e una familiare con bufala e crudo. Gli occhi vacui di Ale perso dentro materassi di calcio e di donne e la lancetta che conta i minuti li scavalca e si prende troppo tempo.
Sara, pezzo di ferro. Idee chiare che mi mancano e che non si chiariranno mai, voi trovate rifugio in quella donna che per la prima volta l’altra sera ha indossato la minigonna.
Il costume che scivola scoprendo il seno, le gambe e l’inguine ruvidi non depilati, una tenda che non imparerò mai a montare e farmacie notturne per non far bruciare una vagina disabituata agli orgasmi d’amore. Le coccole che sdegnano, le frasi fatte, i come stai a facce ebeti, certi perizoma che proprio non capisco. Il mare più sporco ma più felice, lo smalto sulle unghie dei piedi, le scarpe spaiate nello zaino, il ‘giovin signore’ che appena sveglio si fa preparare il pranzo dal papà, il mascara che mi cola sulla faccia, le pillole omeopatiche e le punture di Penstapho.
Le risate non alcoliche, eccezione di questi ultimi giorni. E un personaggio che mi tiene per mano. Le casse che spaccano i timpani, la Beirutmania, quella stronza dei Blonde Redhead che si fotte il cervello, In particular. E un fischiettare dentro macchine stazioni e docce intervallato da nananananana eccetera. Stimoli che arrivano da tutte le parti, cani abbandonati, braccialetti della fortuna che si annodano da soli, sotto il sole oscurato da un marocchino che mi tende la mano.
Melanzane fritte a go go, mercati con cocomeri spaccati in due a fare scenografia, pesci che sembrano alghe e alghe che sembrano pesci, le gelosie delle suore, la macchina fotografica che non so usare, un pacchianissimo paese pieno di obbrobri architettonici che ti mettono il buonumore, strade a cascata e gente rimasta a piedi sulla statale, salsicce e incomprensioni, storie importanti e moleskine, aeroporti e polizia, partenze per pochi attimi che sembrano anni. Una luce che brilla più che mai, una donna che è quasi tutta la mia vita e che mi regala un viaggio a Berlino, un Bimbo che se ne va con gli occhi lucidi dopo ventisette euro di pesce scaduto, una Gale che dalla Corsica è tornata oggi e mi ha alitato tramite un cellulare che mi sente ancora sua, un Mimmo che non ho potuto salutare per bene e che è il nostro orgoglio, ‘padre istinto e dovere’ per tutti. Una donna a testa in giù per paura di essere accecata dal sole e una bambina che mi sorride e mi anima. Flavia che guarda sempre l’orizzonte anche da un bagno senza finestre e un angelo di nome Fra che ha fatto delle sue ali due coperte per una sola persona. Massimo massimino detto massimone e mari e annalisa e ezio e peppe e tutti nomi che io ho sulla rubrica e che chiamo poco. Riemergono ogni tanto nei bei sogni e mi fanno da corazza.

Forse sono pronta per Roma, con o senza di te.
Il groppo in gola si scioglierà al decollo.

mercoledì 14 luglio 2010

Lettera al Presidente del Consiglio

Palermo, 14 luglio 2010-07-14

Caro Presidente,
la persona che scrive si chiama Laura, ha ventiquattro anni ed è nata a Palermo. Studia Giornalismo alla Facoltà di Lettere della Sapienza e vive a Roma stabilmente da un anno e mezzo grazie ai cinquecento euro mensili sborsati da mamma e papà.
La persona che scrive, oggi ha acceso la televisione e ha seguito un filmato del tg3 che le ha fatto venire il mal di stomaco. La questione degli immigrati provenienti dall’Eritrea.
Questi eritrei, appena arrivati in Sicilia, appena scampato il pericolo di morte, con i denti scintillanti e gli occhi pieni di luce per la gioia di esser sopravvissuti al tragitto in mare, sono stati rispediti in Libia.
Questi eritrei, signor Presidente, non erano arrivati in Italia perché volevano ‘fotterci’ il lavoro o cose così. Questi sporchi eritrei chiedevano asilo politico. Non so se Lei è al corrente della situazione politica del loro paese di provenienza.
So solo che Lei li ha rispediti in Africa. Anzi, Lei non li ha solo rispediti in Africa. Li ha rispediti in Libia, un paese che non ha mai aderito alla Convenzione di Ginevra e che quindi non riconosce i richiedenti asilo. Un paese dove si pratica ancora la tortura e le condizioni delle carceri sono spaventose.
Lei non solo, dopo il patto stipulato con Gheddafi, ha eliminato il fenomeno dell’immigrazione clandestina, ma ha anche legalizzato la tortura per persone innocenti.
Allora mi è venuta voglia di consigliarle qualche libro: innanzitutto Come un uomo sulla terra (al quale è allegato anche un dvd molto interessante) della Infinito Edizioni (2008). Ma anche Bilal di Fabrizio Gatti ( Rizzoli, 2008) e, perché no, anche A sud di Lampedusa di Stefano Liberti(Minimum Fax, 2008) e I fantasmi di Portopalo di Bellu (Mondadori, 2004). Vede, pensavo che Lei, avendo a disposizione l’intera Mondadori sarebbe stato contento ricevere un consiglio su quale libro leggere tra tutti quelli che pubblica.
Insomma signor Presidente, Lei ha case editrici, giornali e televisioni ma – mi dicevo guardando quel filmato – è estremamente povero.
Lei nell’agosto 2008 ha firmato un “trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” con Gheddafi.
Nell’ottobre del 2007 ENI e NOC, la società petrolifera dello stato libico, hanno siglato un accordo per lo sviluppo della produzione del gas in Libia per ventotto miliardi di dollari in dieci anni. La mia amica di Gela nemmeno lo sapeva che la sua città è collegata a Mellitah (città della Libia) da un gasdotto sottomarino di 520 chilometri! Ma è collegata a Mellitah anche da una miriade di cadaveri di africani che non ce l’hanno fatta ad arrivare salvi a casa nostra.

Lei, caro Presidente, ha fatto spedire oltremare motovedette, fuoristrada e sacchi da morto, insieme ai soldi necessari per pagare i voli di rimpatrio e tre campi di detenzione (più appropriatamente centri di tortura). So bene che già nel 2007 Giuliano Amato aveva fatto la stessa cosa.

Poi pensavo che in fin dei conti oggi nessuno vuol più fare il lavoro che fanno gli immigrati nel nostro paese. Nessuno. Loro in qualche modo ci salvano. Salvano la nostra economia.
Noi non vogliamo fare le badanti o le collaboratrici domestiche. Noi non vogliamo lavorare nei campi.
E lo sa perché, signor Presidente? Per colpa sua.
Lei, con le sue televisioni, ha cambiato un popolo, un’intera società. Lei è riuscito a mutare antropologicamente gli italiani con le sue immagini.
Nessun ragazzo che non voglia iscriversi all’università penserebbe oggi di andare a zappare la terra o raccogliere pomodori. Perché nessun ragazzo di diciotto anni della televisione lo fa. E nessuna ragazza senza cultura e senza attestati di alcun tipo sognerebbe di fare la collaboratrice domestica perché non esiste questa figura in tv. O, se esiste, esiste in Beautiful o nella Tata, che però non sono telefilm italiani. Al massimo quella ragazza, se ha un bel paio di tette, penserà di fare carriera come escort.

La persona che scrive ha ventiquattro anni ed è ambiziosa. Ambiziosa come Lei, signor Presidente.
Lo sa che i miei professori fanno lezione in giardino per protestare contro i tagli e i licenziamenti? Lo sa che fanno gli esami di notte?

La crisi, signor Presidente. La crisi. Cosa ci possiamo fare se c’è la crisi? Lei ha ragione, non si possono fare miracoli. Lei non è mica Roosevelt!
Lei però una cosa la può fare, signor Presidente. Mi ascolti bene. Lei dovrebbe almeno consentirci di lamentarci e di opporci e di protestare, e di urlare. Non ci provi nemmeno ad imbavagliarci.
E poi dovrebbe rileggere qualche articolo della Costituzione italiana.
Le lascio i compiti per casa, insomma. Pochi, non tantissimi. Legga solo questi articoli.

Art. 4 - La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art. 9 - La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.  Art. 10 - La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.  Art. 21. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.  Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. 

Per adesso potrebbe provare a imparare questi quattro. Poi passeremo agli altri.

domenica 11 luglio 2010

Cromoterapia

La vecchietta del tabacchi fa i conti a mano, e mi fa uno strano effetto.
Dice che la lettera te la imbuca lei. Prende un francobollo da sessanta. Quando lo lecca la saliva le si scioglie sul mento.

In questo mondo in bianco e nero mi sento sempre un po’ a mio agio. Come quando c’erano le brioches con la nutella se eri malata. Come quando mamma e papà, quando eri piccola, ti lasciavano a casa della nonna, di mattina e a volte il sabato sera. Lei guardava Fabrizio Frizzi alla televisione e rideva. Invece tuo nonno rideva con Magalli. La televisione era già diventata efficace. Prima un sorriso era semplicemente una risposta ad un altro sorriso non mediato da uno schermo.

La domenica ti svegliavi felice, e la colazione era a base di cioccolata calda e biscotti. Poi guardavi Jem (‘il mio nome è Jem/sono una cantante’ ecc...).
C’era una luce calda dentro quel soggiorno, la luce più calda che tu possa ricordare.
La sera l’acqua la bevevi direttamente dal mestolo.
Il rimedio per la febbre era un dito di grappa condita con chicchi di melograno.
Eri sempre di buonumore.


Oggi hai chiesto a tuo padre se ricorda, da quando è nato, una disoccupazione e una crisi così feroci. Ti ha detto ‘no, no e no’.


Ogni volta che torni a Palermo hai la sensazione di dover soffocare insieme all’asfalto incandescente. Poi la terra dei desideri ad un tratto diventa generosa, ti offre un mare senza meduse e un sole che ti illumina i denti. Le strade piene di rifiuti profumano di pulito, sono le migliori del mondo. Bere acqua del mare, ingurgitare colore per risputarlo dalla bocca e dagli occhi, sentire campane e fuochi d’artificio, assaggiare i gelsi bianchi, sentirti spiata da un ulivo argentato che ti ha visto crescere e che tu hai visto crescere, sentir la pelle respirare a pori larghi.
Sole che brucia tutto e accende i colori.

martedì 29 giugno 2010

Occhi e cieli stellati

A volte il telefono squillava, ma io odio profondamente il telefono quindi niente. 
Quando Daniela mi ha accompagnata a casa abbiamo deciso di fare una sosta al bar di via Gallia. Un bel bar notturno pieno di gente volgare e qualche trans, un bar in cui i baristi sono allegri e i cassieri vanno un attimo al bagno per pippare altrimenti si addormentano. Qui sono tutti strafatti. Il barista dice di essere romano ma è di colore. Non sei romano. "Da dove vieni? Sono di Roma. Sei nato qui? Sì. E i tuoi? No i miei no. Ah e loro di dove sono? Mia mamma è filippina".
Una ragazza circondata solo da ragazzi visibilmente ubriachi. Questi maschi così poco maschi si lanciano occhiate per creare una gerarchia. Non si sa bene chi deve scoparsela. Non è proprio carina ma stasera non c’è nulla di meglio. Si guardano in giro e non c’è nessuno. Lei sembra molto disponibile. Probabilmente sarebbe pure disposta a provare che ne so un’orgia o una cosa a quattro. Ma loro non possono saperlo e nemmeno intuirlo. Oggi i maschi si distinguono per questo loro essere ingenui rispetto alle donne. Loro sono disinibite, vergognosamente scollate e fanno paura. Siamo ritornati alla femme fatale del XIX secolo. La donna di oggi è una tigre reale verghiana e l’uomo ha decisamente paura di tanta aggressività. Poveri cristi costretti a massacrarsi di seghe per uno sguardo non incrociato. Perché abbassi lo sguardo e non sai quanta roba porno ti perdi. Perché loro sono lì con la minigonna pubica che aspettano solo di fartela vedere, aspettano di sbattertela in faccia ma tu non te ne accorgi nemmeno. Poi ridono sempre loro, veline deluse dalla vita, ridono per qualunque cosa. L’unica cosa che a loro importa è farsi accettare da te, maschio impaurito. Cucciolotto, non vedi come sbatte le ciglia? Non vedi che ha perso quattro chili in una settimana, per te e solo per te? Un gesto apprezzabile. Carino da parte sua. Calcolala un po’, dai. Non pensare solo alle tue di sopracciglia, Non pensare alla tua di ceretta. Guardala un po’.


Sono le quattro e un quarto di notte e la sveglia non sarà clemente con me domani mattina. Il posacenere è colmo di cicche e Remedios si è già congedata da Nicola. Io ho voglia di un’altra sigaretta, ho voglia di aspirare un altro po’ di vita.
E so bene dove vorrei essere. Su una bicicletta, lato passeggero.
Sempre che esista il lato passeggero su una bicicletta.
E adesso, con gli occhi semichiusi, vi confesso che “non so affrontare la vita quando sono sobria”. E questa è una citazione prima che una verità. Ma Bukowski stava messo male, un po' peggio di me.
Auguro a tutti una buona notte.
A tutti, comprese le stelle, quelle che prima cascavano dal cielo solo per farmi piacere e adesso non più.
Che la prossima stella cada solo per farmi piacere, perché io possa accennare un sorriso a più denti!

venerdì 25 giugno 2010

Estate

Arrivata, quest’estate ieri acerba ora matura, col profumo di fiori di zucchero e puzza di spazzatura. I topi che avanzano lungo il marciapiede del Colosseo, a passo d’uomo, le bandiere che smettono di svolazzare e non solo perché il vento non soffia più, la bambina dagli occhi sempre più azzurri, i capelli appiccicati al viso, la pizzica a piazza San Giovanni, gli odiati fuochi d’artificio e quelle stelle filanti così fuori luogo. Ridicole stelle filanti.

Tu folle tu squilibrata tu che bevi Valium caffè e vino dallo stesso bicchiere tu che non distingui più i sapori.
Tu oggi aggiungi un po’ di latte nella tazzina del caffè e abbracci volti e ricordi col sorriso sardonico di chi ha definitivamente chiuso con la strada che sta dietro.

Giusto per precisarlo a me stessa: non smetterò mai di innamorarmi della gente, di fantasticare sulla gente.

Le sigarette da oggi hanno un altro sapore.
Mi basta poco: qualche confetto dal cielo e sorrisi larghi.

Il mondo richiede veramente poco impegno. Pensa che quei ragazzi avevano il tema sugli ufo.
Pensa che oggi anche a te veniva un po’ da piangere quando hai visto le lacrime di Quagliarella.
Pensa che i cani a Roma nemmeno abbaiano più.
Pensa che non si sforza più nessuno.


Spero oggi sia un buon giorno.

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