sabato 26 marzo 2011

Ci vuole autonomia per perdersi

C’è un film di Michelangelo Antonioni che si chiama L’avventura. In questo film i due protagonisti sono un uomo e una donna che si amano e che vanno in vacanza con alcuni amici.
Ad un tratto, i protagonisti cambiano. Vanno in barca a vela con gli amici, e lo schermo mostra isole siciliane, tuffi, gabbiani e quant’altro. Ad un tratto la protagonista si perde sull’isola e il protagonista, insieme con gli amici, comincia a cercare la donna.
Tutti la cercano. La cerca il protagonista e la cerca la migliore amica della protagonista; entrambi si chiedono dove sia finita, urlano il suo nome, sembrano impazziti perché non la trovano più tra gli scogli, non si rendono conto di come sia potuto accadere; perdere una donna in mezzo agli scogli non è così semplice.
Non la trovano, urlano e non ricevono risposta. Inizia il giro dell’isola per cercarla, inizia il tour di Chi l’ha visto e non si trova proprio niente. Niente di niente.
Così, dal nulla lei sparisce. Ma la cosa assurda è che la migliore amica della donna scomparsa, nonché della nostra finta protagonista, si innamora del compagno di lei, ovvero del nostro protagonista. Così tra i due comincia una storia, una storia che nessuno di noi telespettatori condivide, una storia sbagliata. Lei è Monica Vitti, e non possiamo che amarla. Ma in questo film interpreta il ruolo di una gran puttana.
Questa storia non è finta, eppure fa schifo perché è comunque un tradimento, è un dimenticare il passato, un errore, una reazione sconsiderata. Questa sembra fin dall’inizio una storia noiosissima e sbagliata, fatta di dipendenze e assurdità, di scarsa autonomia e di satiriasi, per quegli uomini che sanno di averlo duro anche per le bambole, che non distinguono i corpi in una notte di estate rischiosa o ‘a rischio’, che non sanno fare differenza tra l’effimero e il durevole. Questa è la storia di tutti gli uomini, nel peggiore dei casi, che non si accorgono della luce che li illumina e del calore che li riscalda nelle serate più fredde, quando le case perdono le loro forme e diventano nuvole, quando le linee da dritte si fanno curve e le bocche si fanno così funzionali da diventare sporche, quando le orecchie diventano spugne e sentono tutto, anche i rumori delle mani prima di andare a dormire.
Questa è la storia noiosissima di fatti di carne e paranoie, quando il sole sorge e il nervosismo prende piede, e gli occhi ricordano il ghiaccio che spaccavi a mani nude in una sera di agosto.
E questa autonomia che sembra così sacra. Io ci sputo addosso. Non mi convince questa autonomia in questo mondo, non ci vedo niente. Ma dato che me l’hai chiesta me la prendo, e vivo tutto a metà, come se queste giornate fossero metà mie e metà tue e non tutte mie e tue, come se questi occhi guardassero metà tramonto e metà mare, come se vivessi da sola, come se fossi sola, e come se mi piacesse. Quella vaga punta di ingenuità che avevo visto in te era forse solo inesperienza, non voglia di fare le cose in due.
Se c’è una cosa che le nostre madri ci insegnano è di non dipendere da nessuno. Bene. Bene per loro, che non ci hanno mai provato a rendersi la vita migliore condividendola con la persona giusta. È una la vita, una e breve, e quanto valgo, invece di lasciarlo decidere ad una laurea o ad un lavoro, preferisco lasciarlo decidere a me o al mio ragazzo e alla persona che ritengo degna di stare accanto a me. Per sempre deciderò di stare qui perché da qui passano le persone che amo di più e da qui potranno passare le persone giuste per me.
Non è girare il mondo quello che desidero, ma restare, restare in questo paese di vecchi che non vogliono cambiare le cose; e non voglio restarci solo per cambiare le cose ma anche per amare le persone che fino ad ora hanno riempito queste giornate e ridere con loro e piangere con loro. Il planisfero mi serve solo a ricordare che queste persone possono arrivare da tutta la palla.

1 commento:

  1. Nel film L'avventura gli amici della protagonista credono o fingono di cercare l'amica scomparsa, ma dai loro volti e movimenti sembra affiorare un lieve bisogno di ritrovare la proiezione di se stessi, l'immagine del loro esserci in quel rapporto. Con Antonioni, penso che anche quando si è con gli altri di fatto si stia con parti di sé; e quell'autonomia, che non, forse, sacra ma neanche angosciante o maledetta, è una dimensione dell'esistenza che può, accettandola come tale, far sì che si possano vivere sentimenti e rapporti come scintille di luce, splendide ma veloci e fugaci,alternate a momenti di buio, con un naturale distacco inevitabile per ciascuno in quanto uno, e non metà di altro. E uno più uno, nella vita, non fa due, né tantomeno uno.
    Comprendere questo si può, e col tempo non solo con la ragione.
    Antonella

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