mercoledì 14 novembre 2012

Colloquio 'importante' ovvero la fine di un sogno...

- Guardi, voi ragazzi siete convinti di poter iniziare dall’alto. Per scalare una montagna dovete partire dal basso.
- Io questo lo so. Il problema è che non abbiamo la possibilità di partire dal basso. Se io potessi, scriverei per un giornale di provincia o per quello della mia città. Ma lei crede che abbiano bisogno di me?
- No, ma voglio dire non può pensare di partire dalla vetta. Il nostro è un giornale di serie A.
- E perché non può mettermi alla prova anche se è un giornale di serie A?
- Ma lei non ha esperienza, deve fare la gavetta.
- Ma se tutti dicono così, come faccio a fare esperienza? Io scrivo, ho scritto delle cose e continuerò a farlo. Lei non sa nemmeno come scrivo. Come fa a dire questo?
- Non so come scrive ma io, prima di arrivare qui, facevo il correttore di bozze. Mi davano pochi soldi per fare un lavoro del cavolo. Sa cosa vuol dire passare la notte a correggere cartelle? Poi diventai il più bravo correttore di bozze della città, facevo 40.000 battute all’ora. Dovevo anche correggere gli accenti e tutti facevano il solito errore di mettere l’accento grave nella parola ‘perché’, invece ci va quello acuto. Allora inventai un comando del pc che automaticamente correggeva questo errore. Videro che ero in gamba, quindi mi diedero un lavoro migliore. Oggi sono il direttore dello stabilimento di uno dei più grandi quotidiani nazionali.
- Scusi se mi permetto, ma se non avessero avuto i soldi per pagarla, non sarebbe mica rimasto lì. Anche se fosse stato il più bravo. Le voglio dire che anch’io credo di avere un minimo di talento ma non ho le stesse possibilità che ha avuto lei in passato, non posso averle perché nessuno vuole mettermi alla prova. Lei crede che io stia ferma a casa a girarmi i pollici? Ieri sono arrivata fuori città per consegnare un curriculum e non mi hanno nemmeno aperto la porta. Lei sarà stato il più bravo correttore di bozze del mondo ma ha avuto la possibilità di esserlo.
Io non credo che sia sbagliato partire dall’alto. È veramente difficile trovare qualcuno che abbia ancora un sogno. Vedo troppa rassegnazione intorno a me, quindi mi sento fortunata a credere ancora nelle mie capacità. Io credo che il talento vada premiato, che nelle redazioni dei giornali bisognerebbe introdurre gente giovane che sa gestire le nuove tecnologie, gente con idee nuove. È sbagliato quello che dice lei, è un ragionamento fin troppo ‘italiano’. Vuole dirmi che, se un giorno lavorerò per il suo quotidiano, avrò già sessant’anni? Spero proprio di no.
- Io credo che voi ragazzi dobbiate sempre e per forza prendervela con qualcuno. Avete bisogno sempre di dire ‘è colpa vostra’, credete sempre che il mondo cospiri contro di voi. Ma non è così. E poi avete un problema ancora più grande, fate confusione tra sogno e illusione. 
- Io non la vedo così come la vede lei. Credo che il problema principale sia che ci sentiamo superflui perché nessuno ha bisogno di noi. Lei come si sentirebbe? Chiunque, sentendosi superfluo, comincerebbe a dubitare di sé stesso, a porsi delle domande e inevitabilmente ad avere un calo dell’autostima. Chiunque si sentirebbe sconfitto sapendo che nessuno ha bisogno di te. E sa qual è la cosa più assurda? Che l’unica cosa che, dopo la realizzazione personale raggiunta con il lavoro, ci fa recuperare l’autostima, è l’amore, l’amore delle persone che ci stanno accanto. Circondarci di persone che ci vogliono bene ci fa recuperare un po’ di autostima. Ma è diventato sempre più complicato. Io, la sera vorrei uscire con i miei amici, ma non posso perché li ho lasciati a Roma, a Palermo, a Barcellona, a Catania, a Perugia. Io ho costruito e distrutto mille volte, sempre per lo stesso motivo: la ricerca del lavoro. Sono venuta qui perché avevo bisogno di non perdere di nuovo quello che avevo creato fino ad ora. Altrimenti io e il mio ragazzo ci saremmo lasciati. E lo sa quante persone si lasciano per ché uno va in America a cercare lavoro e l’altro non ha i soldi per farlo e resta a casa da mamma e papà? Lei crede che a trent’anni sia facile vivere con mamma e papà? 
- Lo so, lo so. Ma l’emigrazione c’è sempre stata...
- Sì, c’è sempre stata. Ma prima emigravi una volta. Trovavi un lavoro e ti ambientavi, ti facevi una casa, degli amici e così via. Questo quando? Dalla fine dell’Ottocento in poi. Ma adesso non è più così, studi in un posto, poi ti sposti in un altro, dopo tre mesi ti scade il contratto e fai le valigie, e così via. 
- Senta, l’errore più grande che abbiamo commesso dalla fine del Settecento in poi è stato quello di considerare la felicità come un diritto, e di credere che se non siamo felici è colpa di qualcun altro. Ora quello che le consiglio io è di fare qualsiasi mestiere, e di farlo al meglio. Di fare la barista, che male c’è, ma farlo nel modo migliore, fino a diventare la migliore barista di questa città. Deve farsi piacere il suo lavoro più che cercare il lavoro che le piace.
- Direi che è un bellissimo consiglio ma un po’ da paraculo, nel senso che è l’unica scelta che mi rimane. Ma... ancora una cosa. Mentre noi parliamo della situazione dell’editoria e del giornalismo in Italia, c’è un sacco di gente che manifesta in piazza, gli studenti a Torino hanno occupato la Provincia, a Roma ci sono stati scontri con la polizia, a Palermo e Napoli hanno occupato le stazioni. Oggi è la giornata della protesta mondiale. E non dica che dobbiamo per forza prendercela con qualcuno. La violenza è sbagliata, sia chiaro, la strumentalizzazione poi, figuriamoci. Ma vengono i brividi ancora quando si vedono le cariche della polizia contro studenti inermi. Vengono i brividi ora, perché ora più che mai studenti e poliziotti stanno dalla stessa parte. 
Cosa rimane da fare se non protestare? Cosa aspettiamo a cambiare le cose? Lei ha due figli e dice, scherzando, che non sa che farsene perché un lavoro non lo trovano nemmeno loro. Ma loro cosa pensano? Lo sa per cosa protestano gli studenti? Perché non solo hanno tagliato i fondi all’istruzione, ma per di più si rendono conto che tutte le persone che hanno finito la scuola e l’università da un pezzo, sono posteggiate a casa e senza un lavoro. Perché forse si chiedono che futuro potranno mai avere in questo paese. Lei dice che non se la sente di dire ai suoi figli di andare via da questo paese. Invece dovrebbe. 
Ha idea di quanto si siano arricchite le università pubbliche a spese dei nostri genitori? Perché non ci hanno insegnato niente che fosse necessario per il mondo del lavoro? Perché non serviamo a nessuno?






mercoledì 31 ottobre 2012

La generazione dell'OKI


Stamattina ho trovato sul comodino un foglio accartocciato. Era la poesia che aveva scritto mesi fa la mia ex coinquilina, una che si pagava affitto e università a Roma con i suoi bei soldini. Ogni tanto rischiava di morire di fame e per questo meditava sulla possibilità di fare marchette a Termini. Di sera lavorava come cameriera in un ristorante, uno di quei posti in cui non possono fare a meno di te ma ti pagano poco e ti sfruttano troppo. Trovi le sale sempre affollate di gente di un certo calibro come Cristian De Sica, Tonio Cartonio, Paola Cortellesi, Rex il cane (giuro!), Martina Stella. Insomma, è frequentato da personaggi famosi e quindi non puoi fare errori.


Per laurearsi in Editoria e Giornalismo, qualche mese fa, ha scoperto che aveva necessariamente bisogno di fare uno stage non retribuito in una delle aziende convenzionate con la facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza. Durante questi tirocini, ti insegnano tante cose come rispondere al telefono, usare la macchina fotocopiatrice e scrivere e-mail, insomma cose che sapevi fare anche quando eri piccola. E sapete dove lo fa questo tirocinio? In un centro scommesse. Non scherzo, giuro che è la verità. Quest’ultimo lavoro ovviamente lo fa gratuitamente, un po’ perché noi precari abbiamo sviluppato questa passione per il masochismo e un po’ perché non ci lasciano altra scelta.Dicevo che, stamattina, mi è capitata tra le mani questo foglio in cui c’era scritta una poesia ispirata, per così dire, dal maestro Ungaretti con il quale, noi precari, ci troviamo spesso d’accordo, a nostro agio, in perfetta sintonia. La poesia recitava così: Si sta come a Natale sugli alberi di Natale gli addobbi di Natale. "Ungaretti a Natale" sembrava una cosa da ridere eppure, quando io e i miei ex coinquilini ci siamo messi a ridere mentre la leggeva, lei è rimasta seria e ci ha rimproverati. Ha detto: "non c’è proprio niente da ridere".Il vero trauma dei bamboccioni choosy della nostra età è che si sentono inutili perché nessuno ha bisogno di loro. Una ragazza che ha la passione per la scrittura, invece di iniziare a lavorare per il giornale del suo paese o della sua città e ricevere una paga a fine mese, va a lavorare come cassiera in un autogrill. L'unica cosa che la soddisfa è scrivere i suoi versi sulle mattonelle del cesso di quell’autogrill, dove peraltro la sua collega della stessa età - che 'da grande' voleva insegnare - fa le pulizie giornalmente, cancellando quei versi a colpi di Chanteclair.Questa è la generazione dell’OKI, quella che si droga di Novalgina, Aulin e antidolorifici in generale. Ne abbiamo le tasche piene dei dolori, noi. Tutti perduti nel dramma delle medicine, degli psicofarmaci, della disoccupazione.

mercoledì 24 ottobre 2012

Choosy


Ho sempre qualche problema con i telegiornali, mio caro. Non capisco mai se ci prendono per il culo o dicono sul serio. Ci sono sempre un sacco di notizie di cronaca, ci vogliono mettere paura e ci riescono pure. Per ora si parla dell'Ilva, di che fine farà il Pdl, di Renzi, del tipo ucciso a Napoli e della ragazza accoltellata a Palermo. Ma ieri ho sentito il discorso della Fornero. Ero davanti alla tv con mio padre e ho sentito che diceva che noi non dobbiamo essere 'choosy'. Forse voleva dire 'Giusy', ho pensato. Mi sono persa qualcosa? Chi è Giusy? Poi ho capito che aveva detto veramente 'choosy'. Ora, aldilà di quello che ha detto, ma ti sembra un discorso da fare in un paese come l'Italia? Perché la Fornero non parla come mangia? Ma ti pare che un signore di un qualsiasi quartiere popolare di qualsiasi città, possa capire cosa intenda? Nanni Moretti forse l'avrebbe schiaffeggiata. Le parole sono importanti! 
Poi, mi sono soffermata sul significato. Dicono che significhi 'schizzinosi. Tu non farci caso. Tu non lo guardare nemmeno il telegiornale. Noi ce la mettiamo tutta. 
Ti alzi presto e vai a lavoro. Sei a Torino adesso e io spero di raggiungerti presto. Esci dallo studio alle nove, ogni giorno. Non hai firmato alcun contratto. Lavori pure il sabato e negli ultimi tempi ti hanno chiesto di lavorare anche la domenica. Sei distrutto e non hai tempo nemmeno per mettere i panni in lavatrice. Io non trovo nulla per ora, sto vendendo le mie collane e i miei orecchini ma, come sai, tutto di nascosto. Dovrei farmi la partita Iva. Sugli annunci trovo offerte di lavoro assurde, c'è chi cerca una barista formosa e tatuata, chi per lavorare ti propone un corso di formazione iniziale a pagamento, chi chiede stagisti per la raccolta dei rifiuti con un 'piccolo' rimborso spese e chi cerca una cameriera ma poi, rispondendo sulla mail privata, spiega che in realtà ha bisogno di una spogliarellista per un locale di Torino. Che culo! 
Ieri sera ho mandato un curriculum ad una redazione on line. Mi hanno risposto oggi, ed è già una vittoria. Mi hanno scritto: 'scusa ma non ho ben capito cosa intendi per collaborazione. Noi non paghiamo la gente che scrive per noi'. Ho risposto:  'ma figurati se volevo essere pagata. Io non sono così 'choosy'.

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