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http://livesicilia.it/2012/09/23/cara-palermo-ti-odio-perche-mi-costringi-a-lasciarti/
lunedì 24 settembre 2012
mercoledì 19 settembre 2012
eccolo su BALARM.
Le mie riflessioni sul precariato
http://www.balarm.it/articoli/palermo--restare-o-partire-...-l-eterno-dilemma.asp
Le mie riflessioni sul precariato
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martedì 18 settembre 2012
Palermo: l'eterno dilemma. Restare o andare via?
Quando hai chiuso il telefono abbiamo brindato. Ti aveva detto che eri assunto. Contratto a progetto per sei mesi per poche centinaia di euro. Che opportunità, abbiamo pensato. Torino è una città stupenda.
Tu non sai se restare o andare.
Che opportunità, penserebbe chiunque. Ma io non credo sia una grande opportunità se lo fai tre-quattro volte l’anno. Ti sposti continuamente, fai traslochi, spedisci valigie, cerchi case, poi scade il contratto, strategicamente ‘a progetto’ in modo tale che non solo non hai alcun diritto, ma possono licenziarti quando, come e perché vogliono, e ritorni a casa da mamma che per la prima settimana ti cucinerà i tuoi piatti preferiti e ti rassicurerà ricordandoti ‘quanto vali’.
‘Ci sei mai stata?’
‘No, però lo dicono tutti’.
Un attimo dopo ti sei seduto, i gomiti sul tavolo e l’espressione triste.
‘Che c’è?’ ti ho chiesto.
‘Non so se sono felice o no’.
Devi scegliere se partire per Torino, città giovane, dove è più semplice trovare un lavoro oppure rimanere a Palermo, chiedendo un aumento, almeno, che ti permetta di prendere in affitto una stanza tutta tua, solo tua, da gestirti come vuoi. Potrai lasciare le mutande sul tavolo, potrai arredarla come ti pare, mangiare la ciambella sotto le coperte, fare l’amore urlando, sporcare quanto vorrai. Se l’aumento te lo danno, allora ben venga. Lo sapremo domani. Anche se, come sai, questa è una città veramente difficile. Siamo noi che la rendiamo difficile.
Tu sei fiducioso, dici che qualcosa presto cambierà, che i palermitani hanno voglia di cambiare e che adesso c’è Orlando e andrà tutto meglio. Poteva fare qualcosa, Orlando, per convincerti a restare.
Tu sei fiducioso, dici che qualcosa presto cambierà, che i palermitani hanno voglia di cambiare e che adesso c’è Orlando e andrà tutto meglio. Poteva fare qualcosa, Orlando, per convincerti a restare.
Orlando poteva fare qualcosa. Poteva far togliere dalle palle tutti i posteggiatori del cazzo che affollano le strade e che ti fanno tanto incazzare. Lo sai che ormai affollano anche i parcheggi degli ospedali?
Poteva pedonalizzare il centro, proibire il parcheggio selvaggio, stanziare dei fondi per i giovani disoccupati come in tante città europee civili fanno già, poteva eliminare un po’ di spaccini qua e là, far arrestare chi andava arrestato. Invece lo sai che fa in questi giorni Orlando? Si occupa di quelli della Gesip. Mentre un gruppo di delinquenti tiene in pugno la città, lui ci guarda andar via senza far nulla. Io me ne fotto se questi signori, quasi tutti ex detenuti, non hanno avuto i soldi che gli spettavano. Lui, il sindaco, propone il prepensionamento per quasi tutti loro. Cioè non solo hai la fedina penale sporca ma ti regalo pure una pensione. Perché? Perché sono pericolosi. Fino a quando in questa città non ci saranno regole e fin quando avremo paura di ritorsioni da parte di gente poco onesta e scenderemo a patti con la delinquenza, non cambierà niente di niente.
Poteva pedonalizzare il centro, proibire il parcheggio selvaggio, stanziare dei fondi per i giovani disoccupati come in tante città europee civili fanno già, poteva eliminare un po’ di spaccini qua e là, far arrestare chi andava arrestato. Invece lo sai che fa in questi giorni Orlando? Si occupa di quelli della Gesip. Mentre un gruppo di delinquenti tiene in pugno la città, lui ci guarda andar via senza far nulla. Io me ne fotto se questi signori, quasi tutti ex detenuti, non hanno avuto i soldi che gli spettavano. Lui, il sindaco, propone il prepensionamento per quasi tutti loro. Cioè non solo hai la fedina penale sporca ma ti regalo pure una pensione. Perché? Perché sono pericolosi. Fino a quando in questa città non ci saranno regole e fin quando avremo paura di ritorsioni da parte di gente poco onesta e scenderemo a patti con la delinquenza, non cambierà niente di niente.
Tu non sai se restare o andare.
Io odio l’idea di dover ripartire e fare di nuovo il giro delle aziende, il giro di telefonate, di e-mail, di buongiorno e buonasera, di colloqui e quant’altro. Non la voglio fare per sempre questa vita. Voglio una casa in affitto, uno stipendio che mi permetta di fare la spesa.
Non voglio che tutti i laureati in lettere e giornalismo si ritrovino a fare gli artigiani alle feste dei comunisti. Ci sono persone veramente capaci in questo posto, che hanno studiato, persone che fino a poco tempo fa raccontavano storie meravigliose su questa città. Tantissima gente che vive fuori ha nostalgia di Palermo. Io, invece, se me ne vado, qui non ci voglio ritornare. Solo per le vacanze.
Mi sono stancata dei raccontini melodrammatici sulla città fatiscente, il calore delle persone, l’immondizia scenografica, Ballarò, la Vucciria, Piazza Magione. Questi ormai sono solo i luoghi della criminalità, travestita da liberalizzazione dell’alcol, della droga e chissà di che altro.
Mi sono stancata dei raccontini melodrammatici sulla città fatiscente, il calore delle persone, l’immondizia scenografica, Ballarò, la Vucciria, Piazza Magione. Questi ormai sono solo i luoghi della criminalità, travestita da liberalizzazione dell’alcol, della droga e chissà di che altro.
Io qui non ho visto nulla che mi abbia convinto a restare.
Qui ci offendono, ci umiliano. Non gliene frega un cazzo a nessuno di me e te che vorremmo vivere di nuovo insieme, che nonostante tutto siamo rimasti insieme. Ci fanno litigare, ci istigano, ci provocano. Quanta gente ha lasciato perdere.
Hai speso una fortuna per fare questo colloquio, sei andato lì subito dopo aver ricevuto la chiamata, hai fatto due lunghissimi viaggi in nave e svariate ore in treno, non hai dormito, eri solo. Hai letto un libro, tutto d’un fiato. L’unica persona che ti ha rivolto la parola era un turista tedesco. Sei andato lì rischiando che ti dicessero: ‘grazie ma non è questa la figura professionale che stavamo cercando’. Eri stanco, esausto. Volevi solo distendere le gambe e invece hai fatto un colloquio e ti sei sforzato di sorridere, di essere socievole ed espansivo anche se sei un orso di natura, hai indossato la tua camicia migliore e hai mangiato da McDonald’s per non spendere tanti soldi. Io sono rimasta qui a fare il tifo per te ed è andata bene. Per poche centinaia di euro al mese. Capito? Ma bisogna pur iniziare. Sempre.
Un tempo tutto questo aveva senso, iniziavi ‘una’ volta, facevi la gavetta, la fame, poi dopo qualche anno si sistemava tutto e potevi accendere il mutuo. Adesso no, adesso si ricomincia sempre da zero, lavori per quattro ditte diverse in un anno, ti arrivano quattro CUD e per lo Stato sei ricco. Negli intervalli, i periodi di disoccupazione per intenderci, devi tornare da mamma e papà perché non puoi permetterti l’affitto, smonti casa e impacchetti tutto, spedisci con Poste Italiane i trenta scatoloni che contengono la tua vita, lasci i tuoi amici, dici addio ai tuoi sogni di gloria, addio al tagliere dell’Ikea 1mx1m, addio al mortaio di legno, al frullatore a immersione e tutti i tuoi libri di cucina, addio al tuo planisfero, a tutte le persone che ti riempivano le giornate.
Un tempo tutto questo aveva senso, iniziavi ‘una’ volta, facevi la gavetta, la fame, poi dopo qualche anno si sistemava tutto e potevi accendere il mutuo. Adesso no, adesso si ricomincia sempre da zero, lavori per quattro ditte diverse in un anno, ti arrivano quattro CUD e per lo Stato sei ricco. Negli intervalli, i periodi di disoccupazione per intenderci, devi tornare da mamma e papà perché non puoi permetterti l’affitto, smonti casa e impacchetti tutto, spedisci con Poste Italiane i trenta scatoloni che contengono la tua vita, lasci i tuoi amici, dici addio ai tuoi sogni di gloria, addio al tagliere dell’Ikea 1mx1m, addio al mortaio di legno, al frullatore a immersione e tutti i tuoi libri di cucina, addio al tuo planisfero, a tutte le persone che ti riempivano le giornate.
Ci vuole un po’ di tempo per riabituarsi a vivere con i propri genitori. Ci sono problemi di spazio, per esempio, di disordine che si crea in casa, di privacy.
Poi, un giorno, dopo mesi passati a iscriversi a siti tipo cercolavoro.com e dopo aver mandato miliardi di e-mail col tuo curriculum perfino al negozio di scarpe di fronte casa (e non ti hanno nemmeno risposto ‘no grazie’), arriva una chiamata e si ricomincia. Ricominci e metti di nuovo tutto in discussione.

Domani sapremo se questo aumento te lo danno o no. Sapremo se rimarrai a Palermo o andrai a Torino. Sono le ultime ore di agonia, amore mio.
Domani sapremo cosa fare.
lunedì 21 maggio 2012
ORA MANTENETECI VOI
Palermo, 21 maggio 2012
Il sindaco di Palermo è Leoluca Orlando.
Sono qui perché il contratto di lavoro, a Roma, era scaduto. Ho cercato per un po’ un’altra occupazione, dopo quattro anni nella capitale. Non ho trovato nulla e, dopo anni di indipendenza, sono tornata nella mia città. Mi sono detta che se dovevo restarci, dovevo fare in modo che le cose cambiassero.
Vivo di nuovo con i miei genitori, ho un lavoretto per tre mesi e non posso fare progetti. Sono ingabbiata.
Oggi in ufficio è arrivato un signore, mi ha presentato i sui documenti per la dichiarazione dei redditi. Mi ha detto: -Io ho due figli. Sono tutti e due a carico mio. Uno è laureato in architettura ormai da quattro anni e l’altra in pedagogia.
Lo sa che le hanno detto? Che la priorità, nel centro dove voleva lavorare, ce l’avevano gli ex-detenuti. Ma secondo lei che cosa può imparare un bambino da un ex-detenuto?’
Palermo città di controsensi.
La politica sociale, i piani di inserimento lavorativo, i lavori socialmente utili. Tanto di cappello, rispetto e quant’altro. Ma il problema è un altro. A Londra, per esempio, per strada non ci sono barboni, eppure è una metropoli che conta più di sette milioni di abitanti. A Londra i barboni al massimo distribuiscono i giornali per strada e vengono pagati dal governo inglese. Ma Londra è una città evoluta, funzionante, efficiente sotto tutti gli aspetti. Londra è una città servita, con un altissimo livello di civiltà e vivibilità. Anche a Berlino ci sono pochissime persone che vivono per strada e la via del barbonaggio sembra più una scelta che una condizione irreversibile.
Mi chiedevo come mai. Mi chiedevo perché a Palermo, che non è nemmeno lontanamente paragonabile a due capitali europee della portata di Londra e Berlino, non capiamo che prima di partire dagli indigenti o dagli ex detenuti, dobbiamo pensare a salvare l’altra parte della città, quella più giovane, quella più fresca e infelice. Va bene la politica sociale, ma prima devi fare i conti con noi. Noi che prima non eravamo così tanti.
Mi chiedevo perché siamo costretti, da anni ormai, a cambiare città, paese. Mi chiedevo perché il signore di oggi deve rimanere povero, solo e senza i suoi figli. Mi chiedevo perché dovesse rinunciare a vederli e magari morire senza avere la soddisfazione di vederli lavorare, di condividere gli stessi luoghi e lo stesso mare dopo aver investito tanto sulla loro educazione e istruzione.
Mi chiedevo: perché lasciare scappare proprio noi?
Il senso della vita, un tempo, era legato unicamente al lavoro. A quel lavoro che ti dava il pane, a quel lavoro che ti permetteva di costruirti una famiglia, sfamare tua moglie e i tuoi figli, di avere una casa. Il senso della felicità era legato alla realizzazione, e il concetto di realizzazione era legato profondamente al lavoro, che ti dava la vita. Adesso non si lavora più, lavoro non ce n’è più, ci scanniamo per un lavoro in un call center dopo aver passato anni dietro una scrivania a studiare.
Il lavoro non c’è, e se c’è, è un lavoro provvisorio, un lavoro che ti tiene appeso a un filo, un lavoro che non ti lascia vivere sereno, un lavoro che non ti permetterà mai di programmare la tua vita, costruirti una famiglia o tantomeno di comprarti una casa.
Il lavoro non c’è e col lavoro se n’è andato anche il senso della vita.
Siamo forti noi, siamo resistenti, elastici, flessibili, incredibilmente pazienti e, ahimè, accondiscendenti. Siamo bravi a stringere i denti e vedere lontano quando lontano non si vede assolutamente nulla.
Io ci voglio provare a vivere qui, io voglio una città in cui poter restare, in cui prima degli ex detenuti si pensi a rivalutare i luoghi, rivalutare la scuola, l’insegnamento, in cui si rivaluti il centro storico, in cui non esistano i parcheggiatori abusivi, in cui non ci siano macchine in seconda fila,in cui i giovani non abbiano paura di aprire un’attività, in cui il pizzo non esista, in cui interpellino noi, noi che abbiamo le idee, noi che sappiamo cosa fare. Voglio che non si ragioni per parentele, che Palermo diventi una cosa pubblica. Noi vorremmo semplicemente restare.
Trovate i soldi per mantenerci qui e noi lavoreremo sodo.
venerdì 6 aprile 2012
Pereira mon amour
C’era un caldo afoso e la luce sbiadita del sole di agosto, il sudore che appesantiva l’aria. Un bar, un ventilatore e un bicchiere di limonata. Un uomo grasso, svogliato e riflessivo. Gentile, un po’ goffo e dall’aspetto infelice.
Preciso, costante, routinario. Il suo mondo è fatto solo di ricordi che riaffiorano ad ogni pasto. I dispiaceri affogati in frittate alle erbe aromatiche e un caldo alleviato da un ventilatore mal funzionante, al bar di Manuel. Dietro il bar, la dittatura, la violenza e la censura.
Pereira non prende posizione, non si oppone al regime. Ma quando conosce Monteiro Rossi, giovane politicamente attivo e ricercato dalla polizia, inizia a muoversi, a mettersi in gioco. Pian piano il ritratto di sua moglie e la diffidenza riservata di solito alla gente vengono accantonate, le voci del passato messe a tacere e le riflessioni sulla morte diventano riflessioni sulla vita.
Prima seduto, a sorseggiare limone acqua e zucchero, un momento dopo a versare il tutto per terra, per scrivere e poi scollarsi finalmente dalla sedia. Infine partire.
Grazie Pereira, per aver dato il coraggio anche a me.
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